Vendita bene immobile in comunione: serve consenso di entrambi i coniugi?
Cosa accade quando due coniugi in comunione dei beni, intendano vendere un immobile? Occorre l’autorizzazione di entrambi per alienare l’abitazione?
Nei due anni e mezzo di pandemia, per effetto della diffusione del contagio da Covid-19, l’economia ha subito una brusca impennata a causa del lockdown e delle aperture a singhiozzo a seconda dei colori attribuiti in relazione all’indice di diffusione del virus nei singoli territorio del bel paese.
Eppure il mercato immobiliare è quello che, bene o male, ha retto l’onda d’urto della crisi che ha colpito tutti i settori eccezion fatta per quello alimentare e farmaceutico.
Al di là delle evenienze e necessità, con la ripresa della “normalità” e la fine dello stato d’emergenza, ci si chiede in che modo sia possibile superare tutte le difficoltà che, già primi dell’onda del Covid-19, sussistevano nel mercato immobiliare in tutte le proprie sfaccettature: vendita e locazione in particolare.
Ancora più difficile, risulta essere la vendita di un immobile che risulti essere in regime di comunione tra due coniugi.
A tal punto occorre ricordare cosa s’intende per stipula del contratto di matrimonio con conseguente fissazione, per volontà dei coniugi, del regime di comunione dei beni.
Comunione di beni tra coniugi: di cosa si tratta?
Eccezion fatta per la volontà differente manifestata al momento di stipula del contratto di matrimonio, tra i coniugi vige il regime di comunione dei beni.
Cosa rientra nella comunione legale tra i coniugi.
Ebbene, fanno parte della comunione dei beni:
- tutti gli acquisti effettuati dai coniugi insieme o separatamente durante il matrimonio fatta eccezione per i beni personali
- i frutti dei beni di ciascun coniuge che siano stati già percepiti o consumati al momento dello scioglimento del vincolo matrimoniale
- le aziende che siano state gestite da entrambi i coniugi nonché costituite a seguito della contrazione del vincolo matrimoniale
- beni rientranti nel regime legale della comunione, sono destinatari di un diritto vantati sugli stessi da entrambi i coniugi che esclude la possibilità da parte di terzi di poterne goderne o disporne.
A questo punto ci si chiede se per la vendita di un bene posto in regime di comunione dei coniugi, quest’ultimo possa essere alienato senza l’autorizzazione di uno degli stessi.
Sul punto è intervenuta la Corte di Cassazione che con apposita sentenza(Cassazione civile, sez. II, 11/06/2010, n. 14093), ha statuito:
Nei rapporti con i terzi, ciascun coniuge, mentre non ha diritto di disporre della propria quota, può tuttavia disporre dell’intero bene comune, ponendosi il consenso dell’altro coniuge come un atto unilaterale autorizzativo che rimuove un limite all’esercizio dispositivo sul bene; ne consegue che la vendita di una casa stipulata da un coniuge senza la partecipazione e il consenso dell’altro è efficace nei confronti della comunione legale, anche se – per essere regolata – dovrà essere autorizzata dal coniuge escluso dall’affare
Omessa autorizzazione alla cessione di uno dei coniugi comproprietari, cosa accade?
Ai sensi e per gli effetti di legge, tutti gli atti compiuti da un coniuge in assenza del consenso dell’altro coniuge risultano essere annullabili qualora oggetto del trasferimento del diritto sia un bene immobile.
In tal senso sarà il coniuge, il cui consenso risultasse essere determinante per gli effetti traslativi del bene in regime di comunione, che dovrà esperire azione di impugnazione della vendita effettuata dall’altro coniuge dal momento in cui ha avuto contezza dell’atto di alienazione.
Allo stesso modo è possibile affermare che i contratti preliminari di vendita, stipulati senza il consenso di uno dei coniugi, saranno inefficaci non verso la comunione dei beni ma risulteranno essere sottoposti ad azione di annullamento da parte del coniuge che non abbia manifestato il proprio consenso.
L’orientamento giurisprudenziale risulta essere chiaro ed inequivocabile: in caso di acquisto di un bene appartenente al regime di comunione tra coniugi, è preferibile e consigliabile, all’atto della stipula del preliminare di vendita, ottenere anche il consenso del coniuge inizialmente dissenziente al fine di evitare azione di annullamento con conseguente azione risarcitoria fatta valere dal terzo di buona fede che abbia stipulato l’atto negoziale confidando nel buon esito dell’affare