Perché un erede può essere favorito? La risposta sorprende tutti
Al decesso di un genitore può capitare che vi siano quote di successione diverse tra fratelli, e che uno sia favorito più degli altri. Non si tratta di un caso raro, né tantomeno illegittimo: ecco cosa prevede la legge e che spesso si ignora, e quali azioni possono fare gli altri eredi per tutelare i propri diritti.
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In Italia il legame con il mattone è da sempre fortissimo, tanto che uno degli obiettivi più comuni della popolazione dello Stivale è riuscire ad avere una casa di proprietà. Questa, spesso, diventa il bene principale, se non l’unico, da lasciare ai figli.
Proprio per questo, è bene sapere che non sempre la casa familiare ricevuta in successione si divide in parti uguali tra fratelli, ma che può capitare che uno riceva una quota maggiore degli altri. Questo è perfettamente consentito dalla legge, ma crea non pochi litigi e contenziosi tra consanguinei.
Il nodo del problema sta nel fatto che si pensa, erroneamente, che al momento della successione a tutti i figli spetti la stessa quota della casa familiare.
La normativa invece, a questo proposito, prevede opzioni diverse, che oltre alla famosa legittima includono anche la donazione o le disposizioni testamentarie, attraverso cui il genitore può assegnare senza alcun vincolo le porzioni d’eredità eccedenti la legittima. Ecco tutto quello che c’è da sapere a riguardo.
Quote di successione diverse tra fratelli

Una convinzione piuttosto radicata, ma senza fondamento giuridico, consiste nel pensiero che a tutti i fratelli spetti la stessa quota di eredità, al momento della successione da parte di un genitore.
Il discorso è in realtà più articolato di così. Da un lato, infatti, la legge tutela i diritti dei figli garantendo loro una parte minima di patrimonio (la famosa legittima). Dall’altro però, lascia la libertà al genitore di assegnare liberamente la porzione di eredità in eccesso. Questa può finire sia in mani terze che ad uno solo dei figli, in base a quanto voluto dal genitore stesso, che può sia lasciare disposizioni testamentarie in merito, che effettuare donazioni quando è ancora in vita.
La legge, quindi, tutela sempre i legittimari, ossia le persone che, in virtù del rapporto familiare con il de cuius, non possono essere in alcun modo escluse dalla successione. Lo fa anche nel caso in cui il testamento dica altrimenti, e in particolare individua come legittimari:
- il coniuge,
- i figli,
- gli ascendenti (in caso in cui non ci siano figli).
Donazioni e disposizioni testamentarie

I legittimari sono gli stessi soggetti che possono intentare azioni giudiziarie in caso la loro quota di legittima venga compromessa da donazioni fatte in vita dal de cuius o da disposizioni testamentarie che non tengono conto della quota minima di successione. In particolare, i legittimari possono chiedere ad un giudice un’azione di riduzione, che gli faccia ottenere la quota minima di legittima di cui sono stati privati.
Per calcolare questa quota, si deve partire dal patrimonio del de cuius al momento della morte, chiamato relictum, a cui si devono sottrarre tutti i debiti in sospeso.
Al totale si devono poi aggiungere le donazioni compiute in vita e fare una divisione in base al numero di eredi. Tutto questo si può calcolare tranquillamente nella dichiarazione di successione ma, nel caso in cui l’eredità consista in un solo immobile, ossia la casa familiare, questa può essere quindi suddivisa in percentuali di proprietà uguali oppure finire ad un figlio solo, mentre gli altri ricevono beni o liquidità in egual misura.
Sapere quanto sopra è particolarmente importante per sapere come affrontare una successione, anche alla luce delle novità introdotte di recente in materia.