Matteo Di Ciommo, la poetica dell’immagine
Per l’appuntamento mensile con i designer under 35, abbiamo incontrato Matteo Di Ciommo. Cresciuto alla scuola di Michele De Lucchi, esprime una propria visione creativa ed estetica nelle forme artistiche che sperimenta, sintetizzandole in un’immagine armonica.

C’è chi mi chiama artista, chi artigiano, chi designer, ma non credo si possa ridurre una visione all’ utilizzo di determinate tecniche. Sarebbe miope. Penso infatti di essere una sintesi delle tre definizioni.
Nessuna etichetta precisa, quindi, a definire il lavoro di Matteo Di Ciommo. Classe 1987, originario di Roma, si trasferisce a Milano per studiare Disegno Industriale al Politecnico, passando per Londra e New York. Ed è in questa città che ha l’opportunità di conoscere diverse personalità del mondo del design tra cui Francesco Faccin e Michele De Lucchi, presso il cui studio milanese inizia il tirocinio, in una collaborazione che prosegue ancora oggi.
A Milano ho trovato un mondo inclusivo, dove tra colleghi, anzi amici, parliamo liberamente, non abbiamo paura di avere contatti privilegiati, in una bella condivisione. E i maestri sono sempre disponibili per un confronto e dare consigli, prosegue il designer.
Libera interpretazione creativa

Di Ciommo si dedica a sperimentazioni che vanno in parallelo tra arte e design. Progetti astratti che raccontano un pensiero personale che va oltre la mera funzione d’utilizzo. Tra i materiali prediletti c’è sicuramente il legno.
Ho scoperto la magia del legno da Michele De Lucchi, un materiale che si lavora in maniera molto semplice. È terribilmente umano, mi permette di sbagliare e di ricominciare. Ma ha anche un aspetto dinamico, e al tempo stesso si rivela sereno e pulito.

Nel suo processo creativo inizia sempre da uno schizzo a matita per poi passare al vero lavoro manuale, dando vita a un pezzo che in corso d’opera può mutare l’estetica, gestendo così liberamente le proporzioni e le forme.
Questo è impagabile, c’è una libertà creativa che non ritrovo in nessun altro materiale. Ad esempio nel metallo, più duro e geometrico.

Nascono così le piccole sculture del progetto Scatole e Templi, autentica sintesi di questa visione.
Semplici scatole che sono custodi di piccoli rituali quotidiani, scrigni di dimesse ricchezze che fanno di ogni nuovo giorno una celebrazione della vita. Penso che non sia giusto chiamare una scatola semplicemente “scatola”, dovremmo chiamarla scrigno perché lì dentro c’è la nostra vita. Anche i sarcofagi sono delle scatole solo un po’ più grandi e i templi pure loro sono delle scatole solo che più grandi ancora. Dovremmo rispettare ogni piccola cosa come fosse la più grande, dice Matteo.
Ogni pezzo è la sintesi di un’immagine
Per Matteo l’oggetto è quindi la traduzione del suo pensiero poetico: storie da raccontare, sensazioni ed emozioni.
A me interessa l’immagine, non vado alla ricerca del dettaglio tecnico. Michele De Lucchi mi ripete sempre una frase: “A combinar con l’ocio”. Quando non hai un progetto vero e proprio, fidati del tuo occhio.

Sono infatti le opere Comignoli ad introdurlo nel mondo del design, esposte nel 2019 presso la Galleria Fatto ad Arte. Oggetti che nascono da un’intuizione e dall’osservazione di luoghi.
Passeggiando un giorno per Varallo Sesia, una mia amica mi indica un comignolo bellissimo. Non ci avevo mai fatto caso. Era incredibile, sembrava un modellino di un palazzo sopra ad un palazzo più grande. Fa strano pensare che sul tetto, difficile da vedere e comunque lontano dallo sguardo, ci sia tanta cura per una parte della casa che serve solo a far passare il fumo. Alcuni modelli erano davvero curati. Che bello pensare ad un dettaglio così nascosto eppure così studiato. Era un peccato che se ne stessero tutti soli là sopra.
Piccole sculture domestiche
Tra i recenti progetti ci sono Frutteto e Giambellino. La prima, Frutteto è una serie di 7 vassoi portaoggetti, pezzi unici costruiti in legno massello di samba, mogano e rovere.

Ho intrapreso questa ricerca perché volevo lavorare il massello senza dividerlo in piccoli parti per poi rincollarle, mi interessava l’immagine finale più che il dettaglio costruttivo. Questo progetto presenta molti incastri mentre le incollature tra le parti sono ridotte al minimo. Ne risulta una sorta di quadro metafisico tridimensionale che crea un piccolo orizzonte domestico, dove un oggetto può convivere con altri elementi come frutta, chiavi, corrispondenza…. racconta Matteo.

Mentre la collezione Giambellino comprende quattro specchi, in legno massello di samba, toulipier e pioppo, costruiti grazie all’osservazione del Giambellino pittore, che al primo piano del quadro aggiungeva sullo sfondo, in lontananza, bellissimi paesaggi.
Da qui ho pensato di grattare (letteralmente) lo specchio per aprire una visuale dietro al primo piano dell’oggetto stesso. Aprendo la porta adagiata sullo specchio si accede ad una seconda vista, che altrimenti sarebbe nascosta. Lo specchio, abituato a riflettere piattamente, scopre un limite da superare.

Quasi un’anticipazione perché progetto recentissimo, terminato solo da pochi giorni, è Tra lo specchio e il muro, una ricerca puramente estetica dove i muri sono a poca distanza dallo specchio. Una riflessione sulla relazione tra l’oggetto e lo spazio in un costante gioco di luci e ombre.
Progetti futuri
Sto cambiando anche il modo di lavorare. Prima producevo moltissimo, adesso sono più tranquillo, mi sto concentrando su piccole serie. In futuro mi piacerebbe lavorare pezzi unici in larga scala, sperimentando nuove proporzioni. Magari progettando una grande libreria.