La casa imperfetta di Inga Sempé

Autore:
Ali Filippini
  • Giornalista
Tempo di lettura: 7 minuti

Abbiamo incontrato la designer francese Inga Sempé protagonista alla Triennale di Milano della mostra a lei dedicata, visitabile fino al 15 settembre, inserita nei progetti della Design Platform, lo spazio espositivo collegato al Museo del Design Italiano per approfondimenti su temi e figure chiave del design contemporaneo.

La casa imperfetta di Inga Sempé
IngaSempe©ClaireLavabre

Nata a Parigi, Inga si è diplomata all’ENSCI – Les workshop nel 1993, per aprire nel 2001 il suo studio di design con cui collabora fin da subito con numerose aziende italiane, come Cappellini ed Edra. La sua ricerca predilige gli oggetti domestici di uso quotidiano progettati in un contesto di produzione industriale. Oggetti capaci di inserirsi nelle logiche aziendali ma allo stesso tempo indipendenti da quelle meramente commerciali: per questo motivo cerca di focalizzarsi su progetti senza tempo, dotati di apposite caratteristiche, forme e qualità, lontani dalle tendenze dominanti.

La casa imperfetta di Inga Sempé

La tua prima mostra risale al 2003 al Musée des Arts décoratifs di Parigi. Cosa è cambiato nel tuo modo di lavorare?

All’epoca presentavo solo tre anni di lavoro, adesso ne sono passati venti, ma direi che non è cambiato il mio modo di approcciare il design. Non è cambiato lo scopo: faccio essenzialmente degli oggetti e penso di farlo con poca professionalità. Voglio dire, se qualcuno mi vedesse lavorare penserebbe a questo perché procedo in modo molto intuitivo, senza seguire un processo. Faccio sempre delle cose che all’inizio sono troppo complicate e che cerco poi di semplificare. Anche in questo temo di non essere cambiata.

La casa imperfetta di Inga Sempé
Cappuccina, Luceplan

Aiutaci a individuare alcune costanti del tuo lavoro.

Sicuramente la ricerca della leggerezza, anche visiva, perché non amo che le cose risultino aggressive; anzi, mi piace quando si riducono: ecco perché prediligo i piccoli oggetti. Più le cose sono grandi e più mi disturbano. E poi penso sempre che quello che disegno possa piacere a giovani e vecchi, non penso mai alla rock star con il grande loft.

Cerco di portare leggerezza negli ambienti. Ad esempio, i divani che ho disegnato per Ligne Roset (la collezione Ruché dalle strutture sottili in faggio che sollevano la seduta, rivestita da un piumone NdR.) hanno quell’aspetto perché la gente vive in spazi sempre più piccoli e per questo è importante avere dell’aria sotto il sedile di un sofà, in modo che non riempi lo spazio visivamente.

La casa imperfetta di Inga Sempé
©HAY, Matin

Il tuo design trasmette anche qualcosa di rassicurante. Concordi?

Sì ma non mi obbligo a farlo espressamente. Di sicuro non voglio fare qualcosa di minimalista, di essenziale a tutti i costi, perché mi annoia; non mi reputo capace di fare un design che sembri modernissimo e poi come dicevo ho la presunzione di fare delle cose che possono piacere a tutti senza seguire una moda, un linguaggio, del momento perché questo porterebbe alla morte immediata del pezzo dopo sei mesi, come accade nell’industria del fashion.

 

La casa imperfetta di Inga Sempé
Guichet, Moustache, 2010

Lavori molto con le aziende, all’inizio italiane, e penso anche alla recente collaborazione con Hay di larga accessibilità.

Tutti i francesi della mia generazione hanno iniziato con aziende italiane perché era l’unica possibilità all’epoca, mentre ora va detto che in Francia è aumentata la cultura del design e sta cambiando la mentalità. Io certo devo tutto agli italiani, l’ho anche detto in una lecture a Villa Medici anni fa facendo arrabbiare i miei connazionali.

Per me le aziende sono fondamentali anche perché non sono portata per l’autoproduzione. Ovviamente devi scendere a compromessi, soprattutto tecnici, che poi non si devono vedere e persino le cose possibili da fare possono cambiare sempre. Ma è questo l’aspetto interessante.

Con Hay, azienda danese, ho l’opportunità di fare oggetti, lampade soprattutto. Con loro posso lavorare per qualsiasi ambiente del quotidiano e quindi su tante tipologie diverse e questa è sicuramente un’opportunità.

 

La casa imperfetta di Inga Sempé
Magis, Vitrail

Di recente con Kvadrat sei tornata al tessile, altra tua passione applicata anche alle lampade.

Quando ho iniziato a lavorare, a Parigi, vivevo in un piccolo appartamento, quindi, era normale usare materiali come carta, cartone o tessuto. Mia madre aveva comperato una macchina da cucire che avevo imparato ad usare e mi sono fatta una cultura nella materia quando andavo al mercato delle pulci con lei e scoprivo il tessile più qualitativo, anche dell’Ottocento, quando quella francese era un’industria molto importante.

In alcuni casi ho indagato più la tecnica della piegatura per dare struttura a materiali molto leggeri sfruttando anche l’effetto della luce che ho declinato in diverse tipologie di lampade (come nell’innovativa luce estensibile Plissé di Luceplan, in tessuto tecnico. NdR.).

Altra cosa è la ricerca per tessuti d’arredamento, coperte, tende, tappeti. Per preparare la più recente collezione di tende Mash di Kvadrat (in tessuto di lino jacquard leggero e irregolare) per la prima volta ho usato il mio iPad come strumento di lavoro perché mi servivano dei disegni molto precisi – la tecnica tessile per me è la più difficile da comprendere – e così ho disegnato filo per filo la trama e l’effetto cromatico multicolore che volevo ottenere.

 

Il tessile torna anche nella mostra, una sorta di casa tessile dove i tessuti, di Kvadrat, sono usati in modo strutturale dando forma al layout dell’appartamento per mettere in scena progetti, oggetti e disegni in uno scenario domestico, reso accessibile grazie al percorso espositivo sviluppato da Inga e progettato da Studio A/C di Alessia Pessano e Chiara Novello. La scelta – puntualizza il curatore Marco Sammicheli – è stata quella di affidarsi per la messa in scena a un verso studio di interior e non a progettisti specializzati in allestimento per ottenere una più stretta corrispondenza ad un’idea di spazio vissuto.

 

La casa imperfetta di Inga Sempé
foto Gianluca Di Ioia
La casa imperfetta di Inga Sempé
foto Gianluca Di Ioia
La casa imperfetta di Inga Sempé
foto Gianluca Di Ioia

Perché La casa imperfetta?

Il titolo è voluto da me perché corrisponde alla mia idea di abitazione e stile di vita. Io non compro mai le riviste di arredamento: mi hanno stancato queste case perfette dove trovi sempre la stessa poltrona Eames in primo piano. Ecco perché qui abbiamo ricreato un appartamento con stanze normali, da abitare, divise da pareti in tessuto. Io l’ho disegnato e Studio A/C l’ha migliorato con tutte le soluzioni tecniche. Ci sono tutti i miei oggetti, ecco perché è imperfetta (ride) e ho aggiunto dei disegni e persino delle opere d’arte: Gilbert & George, Domenico Gnoli, Mette Ivers, Saul Steinberg.

Nell’appartamento immaginato da Inga si può interagire con ambienti come camera da letto, cucina, corridoio, disimpegno, spazio esterno, e svolgere delle azioni come leggere un libro, sedersi sul divano, accendere e spegnere le luci: gesti quotidiani che generalmente non sono permessi all’interno delle mostre. Sono inoltre esposti alcuni oggetti disegnati da Vico Magistretti e Massimo Morozzi. Una vera e propria abitazione per trasmettere al visitatore la complessità e l’approfondimento della ricerca trentennale di Inga Sempé.

La casa imperfetta di Inga Sempé
foto Gianluca Di Ioia
La casa imperfetta di Inga Sempé
foto Gianluca Di Ioia
La casa imperfetta di Inga Sempé
foto Gianluca Di Ioia

 

La casa imperfetta di Inga Sempé: foto e immagini