Giorgio Caporaso design: sostenibilità ed economia circolare, l’intervista
Giorgio Caporaso design: abbiamo incontrato ed intervistato il designer con cui abbiamo parlato a lungo di sostenibilità, di economia circolare e dei suoi nuovi progetti e lavori.
A che punto siamo con la sostenibilità nel mondo dell’arredo e del design?
“Penso che la sensibilità green ormai abbia coinvolto l’intero mondo dell’arredo e del design. La domanda di come contribuire a salvaguardare il pianeta è necessariamente trasversale e quindi è inevitabile che sia sempre più presente in tutti i settori della progettazione. È innegabile che durante gli ultimi due secoli il legame tra uomo e ambiente sia stato profondamente compromesso, come è stato ampiamente sottolineato attraverso saggi, esposizioni, sperimentazioni di architetti, designer e artisti con casi virtuosi ormai noti. Anche nel sistema del design si è giunti alla consapevolezza che ogni scelta progettuale giochi un ruolo importantissimo di impatto sull’ambiente, nei termini opposti di inquinamento o sostenibilità ambientale.
Nelle recenti esposizioni di design si è visto come siano ormai entrati nel gergo comune termini come: materiali riutilizzabili, biodegradabili, riciclabili, non tossici e il concetto di progettazione estremamente legato alla lunga vita del prodotto. E’ diventato fondamentale porre attenzione alla filiera di approvvigionamento, produzione e logistica, all’impatto del processo produttivo sull’ambiente e alla valorizzazione delle risorse e produzioni locali, con un occhio di riguardo anche alle specificità artigianali.”
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Che cosa sta cambiando e che cosa deve ancora cambiare?
“I cambiamenti secondo me sono palpabili, l’attenzione all’ambiente e alla salvaguardia del pianeta è viva. Tutto il settore del design sta diventando consapevole di avere una responsabilità verso la salute del mondo e si stanno moltiplicando gli esempi di comportamenti virtuosi. Si parla ormai comunemente di legno proveniente da piantagioni certificate FSC, di certificazioni PEFC, di certificati relativi a materiali riciclati e riciclabili a cui si aggiungono nuove certificazioni per valutare sempre di più il grado di circolarità dei prodotti. Quello che si deve ancora affermare è forse una nuova cultura della produzione e del consumo, la fiducia da parte del largo pubblico verso questo nuovo approccio progettuale e un effettivo cambiamento degli stili di vita. Bisogna vincere il pregiudizio che la produzione “green” sia un privilegio di pochi e alla portata di pochi. Occorrerà avere sempre maggiore forza e coraggio di investire per aggiornare il sistema produttivo e percorrere la strada della cosiddetta “transizione ecologica”. Le recenti ricerche sull’economia circolare in Italia danno l’immagine di una filiera che è tra le più avanzate in Europa. Uno degli obiettivi fondamentali sarà riuscire a mettere a sistema tutti questi processi. Un pericolo da cui bisognerà però guardarsi, specialmente quando certi termini o tendenze diventano di moda, è il cosiddetto greenwashing, un ecologismo di facciata.”
Sin dalla progettazione di un prodotto si deve pensare da subito a cosa succederà quando smetteremo di usare quel prodotto. Quanto è importante dunque oggi parlare di economia circolare?
“Questo è il tema su cui mi interrogo da anni. La situazione ideale è quella in cui tutto può essere trasformato nei termini di riciclo e riutilizzo della materia impiegata, dando nuovo valore agli scarti, recuperando materia ed energia ma anche garantire durata e longevità dei prodotti, attraverso la riparazione. La linea di prodotti Ecodesign Collection da me progettata è nata ponendosi proprio questi obiettivi, compresa la facilità di smontaggio e disassemblaggio, l’utilizzo di materiali con attenzione alla produzione locale e la riciclabilità post-consumo.
Altri aspetti che ritengo importanti per la longevità di un prodotto sono la trasformabilità, la modularità, la componibilità e la multifunzionalità, fondamentali per far fronte ai cambiamenti sempre più frequenti che costellano il corso della nostra vita sociale. Penso che per affrontare la sfida del futuro sia necessario cambiare il paradigma di pensiero e adottare un approccio produttivo rivolto all’insegna dell’eco-compatibililà, tendere verso una economia di tipo rigenerativo prendendo esempio anche dai cicli in natura, considerando che nulla deve essere sprecato. Semplificando, sembra un po’ la “ricetta della nonna”, ma resa attuale attraverso la ricerca scientifica e le nuove tecnologie. L’umanità non può più permettersi di accumulare rifiuti, tanto più in un mondo dove le risorse non sono infinite, senza tuttavia dimenticare che la progettazione dovrebbe essere rivolta all’uomo e al suo benessere.
Potrebbe interessarti Mondo Convenienza catalogo 2023: tutte le nuove collezioniRecentemente FederlegnoArredo in collaborazione con la fondazione Symbola ha presentato un vero e proprio decalogo della sostenibilità, che ritengo sia affine al mio approccio al design. Infatti anni fa, fa fin dall’inizio della mia attività, avevo stilato un insieme di punti fondamentali, che qualcuno ha chiamato scherzosamente la “Lista Caporaso”. Questo mi dà ulteriore conferma dell’adeguatezza della mia visione progettuale.”
Che ruolo pensi abbia l’innovazione nella ricerca della sostenibilità?
“Fondamentale, come dicevo poco fa. Non si può tornare indietro e le sfide si possono vincere solo guardando avanti, investendo sempre di più nella ricerca scientifica e nell’innovazione. Non possiamo pensare di rimanere ancorati ad antichi paradigmi. Il progresso fa parte della natura dell’uomo e se questo ha portato, è vero, a degli squilibri, credo comunque fermamente nel potere correttivo della ricerca scientifica quando viene utilizzata in modo eticamente consapevole. Il mondo della ricerca sui materiali ultimamente ha fatto passi da gigante con risultati sorprendenti nel campo dell’innovazione e del raggiungimento di elevate performance che ne migliorano la durata nel tempo, le possibilità di trasformabilità e riutilizzo della materia, senza dimenticare le ricerche sulla produzione energetica da fonti sostenibili. A mio modo di pensare, si tratta di intercettare queste ricerche e instaurare sempre di più un dialogo con il mondo del design. In alcuni miei prodotti ho provato, per esempio, l’utilizzo di tessuti dalle elevate prestazioni ottenuti dalla lavorazione della plastica recuperata anche dagli scarti delle reti da pesca abbandonate in mare. Con una operazione contribuiamo a ripulire il mare e riciclare il materiale senza intaccare ulteriormente le risorse del pianeta.”
Come pensi che evolverà il tema della sostenibilità nei prossimi anni?
“Penso che ormai abbiamo imboccato la strada giusta. C’è la consapevolezza, la ricerca e tutto sta convergendo verso un utilizzo consapevole delle risorse del pianeta. Credo che attraverso la creatività del design e le innovazioni del sistema produttivo arriveremo a soluzioni innovative ed efficaci, con prodotti e servizi che permetteranno di vivere confortevolmente e in maniera ecosostenibile. Basta guardare l’evoluzione frenetica che sta avvenendo nel mondo dell’automobile per rendersi conto che ormai il processo verso nuovi paradigmi è inarrestabile. Il problema semmai è stare in guardia e non farci affascinare da false soluzioni, o meglio, da risposte produttive che risolvano il tema ambientale solo in modo parziale o comunque generando un altro tipo di problematiche. Come ho già detto, va sempre pensato il tutto in maniera sistemica.”
In che modo si sta evolvendo, oggi, il settore del design e dell’arredo, vista anche la pandemia di Covid-19, che ci ha fatto riscoprire l’importanza della casa durante il lockdown?
“La situazione pandemica ha reso visibile e accelerato un processo che era già in atto nel mondo dell’architettura e del design. Ci si è resi conto che abbiamo bisogno di nuove soluzioni progettuali che integrino design, sostenibilità e tecnologia, ricerca e innovazione che garantiscano una maggiore trasformabilità e multifunzionalità degli spazi abitativi compresa la valorizzazione degli spazi all’aperto per affrontare le svariate esigenze che si possono presentare, dallo smart working alla didattica a distanza, pensando anche al mutare della composizione e delle esigenze del nucleo famigliare nel corso del tempo.
La casa viene nuovamente vista come un rifugio, ma deve essere contemporaneamente aperta al mondo, in ambienti che vivono nuove dimensioni digitali. Le nostre abitazioni vanno pensate come “luoghi della connessione”, ambienti progettati per vivere, svolgere le nostre attività, ma anche per connetterci con il mondo esterno. Una cucina non sarà solo il luogo della preparazione del cibo, un soggiorno non sarà più solo il luogo del relax, ma potranno adattarsi e modificarsi in base alle esigenze temporanee di studio, lavoro e, perché no, di convivialità, in ambienti che vivono nuove dimensioni digitali. Tutto questo è stimolante, coinvolgente. Proviamo a immaginare i nostri spazi che si adattano con elementi scorrevoli e modificabili, che consentano di frazionare lo spazio e creare i nostri “moduli” privatizzati, adatti a svolgere attività singole, per poi tornare ad essere spazi comuni più ampi, aree living da dedicare a momenti di vita collettiva.
Saranno sempre più richiesti arredi che per la loro forma riescono ad assolvere più funzioni, un tema che era già stato affrontato nel design italiano degli anni Sessanta – Settanta con letti, tavoli e piani a scomparsa, oggetti che con una rotazione diventano qualcos’altro come, ad esempio, la mia poltrona X2Chair.
Modularità, multifunzionalità, trasformabilità, sostenibilità, sensorialità secondo me saranno termini che entreranno sempre di più nel nostro vocabolario progettuale abitativo.”
Parlami dei progetti di cui sei più orgoglioso e quali sono gli elementi che maggiormente li contraddistinguono?
“Sono affezionato a tutti i miei progetti di questa mia linea “Ecodesign Collection”. Particolarmente interessanti trovo siano il sistema More e More-light, proprio perché sono sistemi con molteplici funzionalità e la poltrona X2Chair, per la sua forte identità. Progetti che non solo rispondono ai criteri di sostenibilità, ma hanno dimostrato di mantenere validi e attuali i principi con cui erano stati pensati riscontrando particolare apprezzamento al punto da poterli definire ormai degli evergreen: attuali dopo più di 10 anni dalla loro prima commercializzazione, duraturi e funzionali nonostante siano realizzati con un materiale considerato povero, e allora particolarmente inusuale, come il cartone.
Sono oggetti riparabili, disassemblabili, multifunzionali, possono essere ricombinati, utilizzati più volte e in forme differenti. La X2Chair, ad esempio, offre la doppia possibilità di poltrona e di chaise longue.
Un altro progetto a cui sono particolarmente affezionato è il tavolino Tappo e la linea di tavoli e scrivanie che contengono al loro interno la presenza del verde vegetale, i licheni che portano con sé un messaggio e ci consentono di fruire del verde nei nostri spazi indoor in maniera nuova, diversa ed alternativa, integrata nei nostri arredi.”
Stai lavorando a nuovi progetti?
“Ultimamente mi sto concentrando sulla realizzazione di pareti verdi e giardini verticali e avrei un’idea su un sistema di illuminazione, sempre all’insegna del green, ma è un po’ presto per parlarne.”
Qual è la “cosa” più contemporanea, forte e promettente che si manifesta a tuo avviso sulla scena del design contemporaneo?
“Ritengo che ci verranno proposte molte novità nell’utilizzo di materiali innovativi che suscitino in noi delle sensazioni emozionali. Un altro aspetto interessante è la presenza della natura nei nostri spazi sia attraverso il richiamo iconico-iconografico delle finiture e degli elementi formali sia attraverso quello che viene definito il design biofilico che prevede l’incorporazione di elementi naturali nello spazio e nell’arredamento, come ho realizzato nel mio tavolino Tappo, che si basa sull’idea di favorire la connessione tra uomo e natura per migliorare il benessere nell’abitare, per ridurre lo stress, aumentare produttività e creatività e per migliorare l’umore.
Altre novità arriveranno sicuramente dalla contaminazione tra i settori dell’entertainment, la tecnologia digitale, il virtuale, l’Intelligenza Artificiale e tutto il design immateriale, i servizi, lo sharing e la condivisione. Alcuni miei primi lavori erano proprio nell’ambito dell’interface ed interaction design. Ma non dobbiamo mai correre il rischio di dimenticare che bisogna progettare per l’essere umano e non per la tecnologia!”