5 luoghi sconosciuti del Fuorisalone

Autore:
Monica Zani
  • Giornalista

Il Fuorisalone ci dà anche l’opportunità di scoprire luoghi affascinanti, palazzi storici, angoli nascosti, architetture abbandonate normalmente inaccessibili che, durante la Milano Design Week, si offrono alla vista del pubblico grazie alle installazioni di designer e aziende. Per chi non ha avuto la fortuna o il tempo di vederli, ecco i più affascinanti.

5 luoghi sconosciuti del Fuorisalone
Una vista dall’alto di Villa Mirabello

Un capolavoro abbandonato

5 luoghi sconosciuti del Fuorisalone
L’Istituto Marchiondi Spagliardi

L’Istituto Marchiondi Spagliardi di Baggio, uno dei rari esempi di architettura brutalista, fu progettato da Vittoriano Viganò nel 1954 per accogliere i ragazzi problematici. Un capolavoro di cemento armato, che esprime un modello di società nuova, carica di energia, raffigurata simbolicamente dalla forte presenza del colore rosso e dagli spazi aperti, per favorire la socializzazione, senza sbarre – all’epoca concetto piuttosto anomalo per un riformatorio – con ampie finestrature e recinzioni trasparenti e basse. Abbandonato dagli anni Settanta, ora sotto vincolo architettonico, è inserito in un piano di recupero – problematico in questo caso – degli edifici pubblici in disuso del Comune di Milano.
In occasione della MDW ha riaperto le porte e ospitato, solo per tre giorni, la mostra ‘Reforming Future’ – fortemente voluta da Valerio Castelli e inserita nella rassegna Design Variations2023 – con i lavori degli studenti del corso magistrale del Politecnico tenuto da Michele De Lucchi e Andrea Branzi con installazioni, modelli architettonici, video, legati da temi strettamente coerenti col contesto, quali la libertà, la contaminazione, la ribellione, la miseria, la morte. Un’emozione riconoscere il segno di Viganò in quanto dell’edificio è rimasto, commovente immaginare le vite di chi qui ha abitato.

Da molti anni abbiamo rinnovato l’idea didattica del Politecnico, insegnando design degli interni. Ci siamo resi conto che insegnare design degli interni semplicemente come servizio e abilità tecnica non aveva senso e abbiamo iniziato a introdurre i temi della contemporaneità come, ad esempio, la qualità del vivere, o tutti quegli aspetti contemporanei che trattiamo indipendentemente dallo spazio e non portiamo mai al nostro problema dell’architettura, degli ambienti degli ospedali, delle scuole, dei centri commerciali, dei musei…,

racconta Michele De Lucchi.
Via Noale 1

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L’Istituto Marchiondi Spagliardi, che ha ospitato la mostra ‘Reforming Future’
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La mostra ‘Reforming Future’ all’’Istituto Marchiondi Spagliardi
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L’Istituto Marchiondi Spagliardi
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L’Istituto Marchiondi Spagliardi

Un vero gioiello nel cuore di Milano

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Villa Mirabello Photo by Luca Rotondo

Villa Mirabello, alla Maggiolina, è uno spettacolare edificio – poco conosciuto – in stile rinascimentale lombardo con le tipiche finestre ogivali in cotto, un cortile porticato e affreschi del XV secolo. Dimora di campagna nella prima metà del ‘400 dei Visconti, venne acquistata all’inizio del XV secolo da Giovanni Mirabello, da cui prende il nome. Dopo vari passaggi di proprietà e opere di restauro, oggi è sede della Fondazione Villa Mirabello Onlus, per il reinserimento e l’inclusione delle categorie più svantaggiate.

‘STILL NOW.The dinner’, la tavola monocromatica blu che Felicia Ferrone ha allestito per presentare le sue collezioni di bicchieri, non poteva trovare localizzazione migliore, considerando che si ispira ai banchetti rinascimentali. Sulla tavola, le collezioni di fferrone dialogavano con altri oggetti comuni del ‘900 recuperati in negozi dell’usato e mercatini delle pulci, per sottolineare come il design vada oltre l’obsolescenza e ‘l’usa e getta’.
Un’ambientazione sorprendente, in un luogo altrettanto stupefacente.
Via Villa Mirabello 6

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Villa Mirabello Photo by Luca Rotondo
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Villa Mirabello, che ha ospitato STILL NOW.The dinner di Felicia Ferrone Photo by Luca Rotondo
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La tavola monocromatica blu di Felicia Ferrone Photo by Luca Rotondo
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La tavola monocromatica blu di Felicia Ferrone a Villa Mirabello Photo by Luca Rotondo
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La tavola monocromatica blu di Felicia Ferrone con scorcio dell’esterno della villa Photo by Luca Rotondo

La grande struttura industriale dell’ex macello

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La grande struttura industriale dell’ex macello

Una struttura abbandonata, quella dell’ex macello di Porta Vittoria, che si estende su circa 15 ettari di terreno, costruita tra il 1912 e il 1914 su progetto di Giannino Ferrini e Giovani Filippini, totalmente dismessa nel 2005, ma oggetto di un piano di recupero e riqualificazione.

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Aria è il nome del nuovo progetto vincitore di Reinventing Cities, concorso internazionale promosso dal Comune di Milano e C40, per la rigenerazione urbana in chiave sostenibile, primo insediamento carbon negativa a Milano, che vedrà il recupero degli edifici esistenti, la costruzione di 1200 alloggi in edilizia convenzionata, un campus internazionale dello IED – Istituto Europeo di Design, uno studentato, luoghi di cultura e socializzazione.

In attesa della riqualificazione, grazie al sostegno di Redo SpA e alla convenzione per gli usi temporanei del Comune di Milano, Alcova, la piattaforma di design fondata da Joseph Grima e Valentina Ciuffi, ha permesso di far conoscere questi spazi monumentali, ospitando progetti innovativi del panorama internazionale, dando visibilità a piccole realtà emergenti e a lavori di scuole di alta formazione, come IED e NABA. Proposte e idee di design e innovazione sul tema della sostenibilità, della ricerca dei materiali, contestualizzate tra gli edifici in abbandono.
Viale Molise 66

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L’ingresso di Alcova all’ex macello
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Alcova, ospitato all’ex macello
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Opere del progetto Alcova
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Progetti presentati ad Alcova, la piattaforma di design fondata da Joseph Grima e Valentina Ciuffi
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L’ex macello di Porta Vittoria e Alcova

Ultimo momento di gloria per la torre di Largo Treves

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La torre di Largo Treves

La torre di largo Treves, un parallelepipedo dagli angoli stondati, progettata dall’architetto Arrigo Arrighetti nel 1955 per ospitare gli uffici del Comune di Milano, e costruita al posto della palazzina eclettica del 1902, prima sede dell’Università Bocconi, non si distingue per originalità e bellezza, tanto che è stata denonimata ‘la bruttarella’.

In disuso da anni, l’edificio è stato acquistato dalla Holding di investimenti del Gruppo Stella per farne un nuovo complesso residenziale.
Prima di essere abbattuta o riqualificata – non è ancora ben chiaro il suo destino – la torre è stata tra i protagonisti della Milano Design Week, con un’installazione artistica, estesa sia alla facciata, sia all’interno, che ci ha dato la possibilità di esplorarne l’interno.

Frutto della collaborazione tra Agostino Iacurci e glo™, Dry Days, Tropical Nights – questo il titolo dell’installazione -, ha invitato a riflettere sul futuro del pianeta: l’artista è stato ispirato da due climatologi, che hanno immaginato come sarà il pianeta in caso di peggioramento climatico: deserti e paesaggi tropicali.

Partendo dalle facciate, decorate con disegni del sole e della luna, sinonimo di caldo desertico e tramonto tropicale, e proseguendo nelle sale interne, l’artista ha proposto scenari con silhouette di palme tropicali e luci dai colori accesi come il rosso, il giallo, il blu, proponendoci una riflessione sul futuro del mondo (che sembra non preoccuparci).
Largo Treves 1

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La facciata della torre con i soli e le lune
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Particolare della facciata
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L’installazione artistica Dry Days, Tropical Nights di Agostino Iacurci, in collaborazione con glo™
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L’installazione artistica Dry Days, Tropical Nights di Agostino Iacurci, in collaborazione con glo™

Un esempio di architettura del Novecento milanese

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Il Tennis Club Milano Alberto Bonacossa

Il progetto della sede del Tennis Club Milano Alberto Bonacossa, realizzato tra il 1923 e il 1930 dall’architetto Giovanni Muzio su richiesta del Conte Alberto Bonacossa, restituisce l’interpretazione del progettista dell’architettura dedicata allo sport e al tempo libero. Una villa innovativa per l’epoca, con esedre e ampie vetrate e uso di moduli figurativi e compositivi del Novecento milanese, in cui è indubbio il riferimento alla tradizione classica.

Lo spazio è stato scelto da Cristina Celestino per ospitare il progetto Clay Court Club.

Anche quest’anno ho deciso di creare un dialogo con un’architettura esistente, perché mi piace sempre molto confrontarmi con spazi architettonici e iconici della città, per farli scoprire e creare un dialogo tra le pre-esistenze e il mio linguaggio da progettista. Durante tutta la settimana del design, le attività del tennis club sono continuate e, contemporaneamente, hanno interagito con il nostro intervento e i nostri arredi”,

racconta Cristina Celestino.

Un mix di prodotti nuovi e non e pezzi personalizzati con riferimenti al gioco del tennis, come sedie con dettagli intrecciati simili alle racchette da tennis, una panchina che ricorda i posti a sedere a bordo campo, una moquette nei colori del campo in terra battuta e lo studio dell’unione tra forme curve e lineari, presente nelle architetture di Muzio. L’installazione – purtroppo destinata a sparire – si estendeva a un ristorante pop-up situato nella sala circolare in una delle due ali dell’edificio.
Via Generale Arimondi 15

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Cristina Celestino Photo by DePasquale Maffini
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Il progetto Clay Court Club di Cristina Celestino al Tennis Club Milano Alberto Bonacossa Photo by DePasquale Maffini
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Photo by DePasquale Maffini
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La sedia con dettagli intrecciati simili alle racchette da tennis Photo by DePasquale Maffini
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Il ristorante pop-up nella sala circolare in una delle due ali dell’edificio Photo by DePasquale Maffini
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Il Tennis Club Milano Alberto Bonacossa accoglie il progetto Clay Court Club di Cristina Celestino Photo by DePasquale Maffini

5 luoghi sconosciuti del Fuorisalone: foto e immagini