Il Giappone per noi

Autore:
Marilena Pitino
  • Giornalista
Tempo di lettura: 9 minuti

La cultura nipponica è da tempo – e mai come adesso – fonte di ispirazione per molte aziende italiane, che la reinterpretano nelle linee pure ed essenziali, nella cura meticolosa dei dettagli e delle forme che ne evocano la tradizione.

Il Giappone per noi
Muecke Wood Collection di Knoll

Il confronto con culture diverse rappresenta da sempre un’importante fonte di ispirazione per molte aziende del settore dell’arredo, e il Giappone occupa un ruolo di primo piano nello scenario progettuale contemporaneo. Ma quali sono gli aspetti distintivi nell’interior design di questa cultura così amata dai progettisti? In primo luogo, l’essenzialità formale, la leggerezza, la cura estrema per il dettaglio, l’utilizzo di materiali e di colori naturali, la valorizzazione dell’imperfezione (il famoso wabi-sabi) e  le antiche pratiche artigianali. Il lavoro manuale, tramandato nei secoli e fondato su gesti precisi e misurati, rappresenta infatti uno dei tratti più profondi della cultura giapponese. Un approccio al progetto che assume un valore rituale, da cui scaturiscono non semplici oggetti, ma frammenti di una narrazione più ampia, fatta di valori, tradizione e gesti.

Emersa con forza in numerose collezioni presentate durante l’ultima Design Week milanese, la cultura giapponese si conferma come una chiave estetica e concettuale centrale nello sviluppo di nuovi linguaggi. Ecco alcuni esempi.

La sala da tè di Pillet

 

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Teahouse di CeccottiCollezioni

La Teahouse di CeccottiCollezioni, firmata da Christophe Pillet, è concepita come una completa lounge dining ispirata alla sale da tè tradizionale, che include sedia, tavolo, una console con cassetti e un elegante armadietto. Ciascun elemento è realizzato in legno massello, lavorato in sezioni ridotte al minimo per esprimere quanto più possibile l’estetica minimalista, caratterizzata un segno grafico incrociato che interrompe la linearità delle forme. Particolarmente affascinante è il cabinet, in noce americano, pensato per custodire gli oggetti legati alla cerimonia del tè, dotato di ante a battente con cerniere in ottone massiccio brunito. L’interno è organizzato con cura: due cassetti e un vassoio estraibile nella parte inferiore, una mensola a tre scomparti nella parte superiore. Le ante interne ospitano un sistema modulare di contenitori magnetici che combinano funzionalità e poesia in un gesto rituale.

Lo spirito composito di Yamac

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Posi di Luceplan

È ispirata all’ Ikebana – l’antica arte giapponese di disporre i fiori – la lampada da tavolo ricaricabile Posi, firmata dall’architetto e designer londinese Umut Yamac per Luceplan.

Posi è una collezione giocosa e versatile di steli luminosi biofili che ‘fioriscono’ grazie al tocco dell’utente, racconta il progettista. Si ispira al gesto delicato e familiare di posare un fiore in un vaso. Queste luci incoraggiano l’interazione, invitando a creare composizioni che rispecchiano lo spazio e l’umore del momento.

In tre forme geometriche, i diffusori a Led si illuminano solo quando gli steli sono inseriti nella base. Nessun cavo né interruttore a vista: la lampada si accende e regola in intensità sfiorando la base, per mantenere intatto il minimalismo estetico.

La modularità di Driusso

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Kozo System di Busnelli

Leggerezza ed essenzialità definiscono Kozo System, la collezione firmata da Francesco Driusso per Busnelli. Il nome, che in giapponese significa struttura, sintetizza la natura modulare e versatile del progetto, pensato per contesti domestici e contract. Il sistema si compone di elementi componibili che danno vita a librerie, divisori, coffee table e lampade da terra, in geometrie leggere e funzionali. Tra tutti, spicca il totem verticale multifunzionale: una lampada a più sorgenti luminose, capace di offrire sia illuminazione diffusa sia puntuale sul ripiano intermedio, pensato per accogliere oggetti, riviste o libri.

I materiali di tradizione di Kitagawa

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Reti-co di Cappellini

Reintrepreta il fascino orientale degli shoji, ovvero i giochi da tavolo, la collezione di madie Reti-co, firmata da Daitsuke Kitagawa per Cappellini. Dotata di ante scorrevoli leggere, composte da pannelli in carta di riso incorniciati da un sottile reticolo in legno, in un delicato equilibrio, è proposta in rovere naturale o nero, oltre che in raffinate finiture laccate a poro aperto – burgundy, blu e verde – che valorizzano la matericità del legno. I pannelli frontali possono essere realizzati anche in vetro retroverniciato o con tessuti d’archivio Cappellini, offrendo una pluralità di combinazioni per qualsiasi ambiente.

Ricerca materica di Muecke

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Muecke Wood Collection di Knoll

Coniuga rigore formale e sensibilità materica Muecke Wood Collection, firmata dal designer americano Jonathan Muecke per Knoll, il cui design essenziale cela una profonda ricerca progettuale. Ogni elemento è realizzato con cura minuziosa, esaltando l’essenza stessa del materiale e richiamando la precisione e l’essenzialità della cultura giapponese. Particolarmente interessanti, le venature di testa nei punti di connessione, normalmente nascoste, nel progetto trasformate in segni distintivi. Una nota a parte merita la sedia, che rompe gli schemi tradizionali attraverso l’uso di un unico profilo stondato e la sovrapposizione strutturale degli elementi, offrendo così una nuova interpretazione dell’archetipo.

La pulizia formale di Ossino

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Nereo di Salvatori

Malgrado il nome tragga ispirazione dalla mitologia greca – “Nereo si ispira alle Nereidi, che si credeva vivessero sott’acqua” – l’attenzione al dettaglio e la solennità con cui è trattato il materiale (marmo) nella collezione da bagno Nereo di Elisa Ossino per Salvatori ritroviamo un’indubbia ispirazione giapponese.

Volevo creare un bagno in cui il marmo, materiale nobile, fosse trattato con morbidezza e solennità, attraverso forme importanti e un segno sensibile che assecondasse la sua naturalità, racconta la designer.

Elemento distintivo della collezione è il lavabo dal bordo scolpito, che esprime una raffinata sensibilità scultorea. La linea include mobili contenitori sospesi con cassetti, disponibili in tre larghezze. Top, fianchi, lavabo e frontali sono interamente realizzati in pietra naturale, proposta in un’ampia gamma cromatica e materica.

La fluidità di Tahara

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Pages di Potocco

Con Pages  – racconta il designer giapponese Omi Tahara – ho voluto esprimere la sensazione di leggerezza e continuità che si prova sfogliando un libro. Le colonne portanti evocano il movimento naturale delle pagine che si aprono, trasformando questa immagine in una struttura solida ma fluida. Ho lavorato sulle curve per trovare un equilibrio tra forza e delicatezza, facendo dialogare la leggerezza visiva con la matericità del legno massello. Credo che questa libreria porti con sé un senso di calma e armonia, un invito a rallentare e ad apprezzare la semplicità delle linee e dei materiali.

Dall’estetica leggera, la libreria Pages, prodotta da Potocco, si compone di una struttura in legno massello abbinata a ripiani in frassino o vetro specchiato bronzo.

La ricerca di Biasi

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Koya di Federica Biasi

Koya è il progetto di Incalmi, ideato da Federica Biasi nato da una ricerca approfondita sulle fibre naturali e le tecniche di intreccio. Il nome rimanda a un viaggio della designer in Giappone, sul Monte Koya, dove piccoli artigiani realizzano con minuzia preziosi oggetti in rattan.

In un’epoca in cui tutto avviene di corsa, prendersi del tempo per scoprire, viaggiare e fare ricerca è qualcosa di estremamente prezioso. Solo dalla ricerca può nascere qualcosa di nuovo, solo nel viaggio possiamo vedere con occhi diversi ciò che ci sembra familiare, afferma Federica Biasi. Koya è la storia di una cultura che incontra un’altra. È un progetto di scoperta e riscoperta.

La ricerca esplora le fibre naturali e le tecniche di intreccio diffuse nel mondo: dalle più comuni nella tradizione italiana – come castagno, nocciolo, salice e vimini – fino al bambù e  al rattan. La sperimentazione prende forma in un coffee table di proporzioni generose, che unisce diverse tecniche artigianali: un dialogo tra gli  intrecci asiatici e i saperi locali ereditati dalla scuola veneta di Barbisano.

La modularità luminosa di Kawai

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Ottavio Tomasini Fotografo

Richiama un elemento estetico del Giappone la lampada Kawara di Pedrali, firmata dal designer giapponese Yusuke Kawai.

Kawara affonda le sue radici nelle tegole tradizionali giapponesi, utilizzate nei templi e nei santuari. La loro bellezza, sia come elementi singoli che in combinazione, genera texture uniche e suggestive. È proprio da questa armonia tra tradizione e modularità che nasce l’idea di un nuovo sistema di illuminazione, spiega il designer.

Realizzata in estruso di alluminio, in diverse finiture anodizzate o verniciate, è proposta nella versione a sospensione – orizzontale o verticale – e da terra Elemento distintivo sono le scanalature lungo il dorso arrotondato, che conferiscono eleganza e aggiungono un raffinato dettaglio estetico. Il sistema può essere composto da un unico elemento continuo oppure da moduli orientabili, collegati tra loro da piccoli anelli di giunzione che permettono di direzionare la luce in libertà, creando una configurazione dinamica e giocosa.

La studiata casualità di Sejima

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Form of Reflection di Fabbian

L’azienda di illuminazione Fabbian chiama una delle più importanti architette giapponesi, Kazuyo Sejima, a disegnare una sua lampada. Ne è nata Form of Reflection, composta da tre gruppi unici di sfere in vetro raggruppate in configurazioni che appaiono casuali, che la luce attraversa, rifrangendosi e moltiplicandosi, generando riflessi e ombre che trasformano lo spazio circostante in un’esperienza visiva dinamica. Ben traducendo la creatività e la sensibilità della Sejima legate alla filosofia zen e alla percezione dello spazio.

Il Giappone per noi: foto e immagini.