Fuorisalone 2021 Belgium is Design: intervista a Giovanna Massoni
Fuorisalone 2021 Belgium is Design: in occasione della Milano Design Week 2021 abbiamo incontrato ed intervistato Giovanna Massoni, curatrice del film The object becomes. Il film sarà proiettato e svelato durante la settimana del design di Milano presso il Cinema Anteo. La regia del film è invece di Alexandre Humbert.
Come nasce l’idea del film The object becomes?
“L’idea di realizzare un film invece di una mostra è nata qualche anno fa, conversando con Giorgia Morero di Wallonie-Bruxelles Design Mode. Evidentemente il lockdown e soprattutto l’incertezza del calendario fieristico hanno reso ancora più urgente questo desiderio, anche se il motivo principale era piuttosto il desiderio di mettere a punto una narrazione più leggera e sostenibile per parlare di design oggi. Infine, fondamentale è stato il mio incontro con Alexandre Humbert, designer e cineasta francese, con cui ho lavorato per un progetto in occasione di Lille Capitale Mondiale del Design nel 2020. La sua visione del design e della traduzione in video è unica. Questo non è un documentario ma un oggetto di design in sé.”
9 oggetti e quindi 9 storie da raccontare… ci parla di queste realtà?
“Le realtà che abbiamo scelto per raccontare il design belga in questo particolare inizio degli anni Venti testimoniano di una svolta importante: il confronto con un declino ecologico e sociale preoccupante, la coscienza della propria responsabilità (in quanto individui, designer o aziende) e dunque la ricerca, l’azione e la messa in atto del cambiamento. L’oggetto non è più un trofeo, identitario e monouso, ma il prototipo di un processo collettivo in divenire, la design fiction di un nuovo modo di stare al mondo, con il mondo. Le terre da scavo recuperate sui cantieri diventano materiale da costruzione, intonaci di argilla per la finitura dei muri e blocchi di terra compressa per pareti, mobili, forni (BC Materials – Bcmaterials.org). Low tech high impact e innovazione frugale accessibile, con e per i centri sanitari. Utilizzando le tecniche del medical fablab, i designer e gli operatori sanitari creano sistemi adattabili che facilitano il lavoro, la gestione e le relazioni con i pazienti (D4E1 / MakerHealth). La lavorazione del legno, lo sforzo fisico che completa la tecnica artigianale, per rivelare l’essenza della natura, nel cuore delle foreste della Vallonia (Kaspar Hamacher – Kasparhamacher.be). Frammenti di natura, pigmenti luminescenti, algoritmi e alchimia ricamano superfici tessili, trasformandole in esperienze di benessere (Geneviève Levivier – Apluszdesign.eu). Un sistema di costruzione modulare aperto che promuove flussi di materiali e facilita il riutilizzo e la riparazione, una piattaforma fisica e un database digitale che permettono la co-creazione e l’adattamento di elementi e oggetti per la fabbricazione locale, accessibile a tutti (OS_Studio / OpenStructures – Openstructures.net). Orientare il design di rubinetti verso la riduzione del consumo d’acqua, perpetuare l’uso di materiali ecologici e la produzione locale, questi sono i valori prioritari di un’industria responsabile (RVB). Il riuso del vetro utilizzato nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche; una ricerca che prende forma e si mostra come un oggetto in evoluzione, mutevole e profondamente estetico. La progettazione è in tutte le fasi: azione ed esplorazione, raccolta di materiali di scarto, scrittura e documentazione, installazione spaziale e produzione di oggetti in vetro riciclato (Studio Plastique). Oggetti-ritratto capaci di costruire spazi narrativi ed emotivi, stimolando l’empatia. Una sedia immobile si espande nello spazio e ci porta altrove (Roel Vandebeek – Itsaroel.be). Il designer non ha un luogo fisso di lavoro ma si muove e connette, facilita le collaborazioni, accompagna, assembla risorse umane e naturali. Questa è la storia di un materiale a base biologica messo a disposizione della comunità di designer e aziende che, insieme, creeranno una nuova generazione di oggetti circolari (Sep Verboom – Livable / ONTketen).”
In che modo si sta evolvendo, oggi, il settore dell’arredamento, vista anche la pandemia di Covid-19, che ci ha fatto riscoprire l’importanza della casa durante il lockdown?
“Augurando al settore il meglio per questi mesi difficili, credo che un riorientamento della produzione a favore dell’economia circolare e una buona dose di frugalità siano oggi necessari. Il lockdown ci ha fatto riscoprire l’importanza di una domesticità gradevole, per chi può, ma soprattutto, almeno spero, ci ha accompagnati in riflessioni più olistiche. Non siamo immuni né invulnerabili: ripensiamo la produzione in altri termini e non solo grazie ad aggiustamenti tecnici. Facciamo entrare nelle nostre dimore un po’ di filosofia al posto del tavolo basso.”
Dopo la pandemia e il lockdown, quali sono le sfide del futuro che dovranno affrontare le aziende che producono design?
“Credo molto nella capacità di trainare comportamenti eccellenti attraverso il design ed è per questo che mi auguro che tematiche e problematiche come la disabilità, la cura, l’invecchiamento, la pedagogia, e ovviamente il rispetto per il vivente (umano, animale e vegetale) entrino nel progetto domestico (nello spazio individuale) come una corrente d’aria che spalanca porte e finestre. Il mercato segue leggi antropocentriche letali… Auspico una carica creativa, come negli anni 50, capace questa volta di dar voce non solo all’immaginazione (peraltro necessaria) ma anche all’impegno ambientale e sociale, in grado di ridurre sovrapproduzione, consumismo e discariche.”
Come sarà la casa del futuro secondo lei e quale sarà dunque anche il ruolo del design?
“Temo la casa rifugio e spero che nonostante le intemperie, le guerre e le pandemie, la gente reimpari a vivere in comunità, ad aprire la propria casa ad altri e a condividere. Quindi opterei per una casa effimera, trasformabile, decostruibile, mobile, montabile e rimontabile.”
Qual è la “cosa” più contemporanea, forte e promettente che si sta manifestando a suo avviso sulla scena del design contemporaneo?
“È senz’altro la consapevolezza di una responsabilità progettuale, che sempre più spesso travalica il settore dell’arredo, rifiutando una logica artificiale di domanda e offerta per spaziare oltre, attraverso la ricerca che identifica e documenta le problematiche da risolvere, per poi tornare all’industria proponendo nuovi prodotti, materiali e sistemi di produzione, più etici ed ecologici.”
Una domanda che è anche un po’ una provocazione, esiste ancora uno stile italiano nel design?
“Ho sempre pensato che la grande qualità del design italiano sia stata quella di aprire ed accogliere l’internazionale, riconoscendone e coltivandone i talenti. Oggi, è difficile parlare di primato ma persiste in Italia un pensiero e una pratica artigianali ad altissimo livello che rendono questo paese forse unico al mondo.”