Angelo Mangiarotti, la Triennale celebra l’architetto delle fabbriche
Fino al 23 aprile è possibile visitare la mostra che la manifestazione ha dedicato ad una delle personalità più interessanti dell’architettura. Renzo Piano ha deciso di partecipare all’allestimento di questo spazio proprio per celebrare il talento dell’uomo che lo ha ispirato negli anni del Politecnico.

Il 27 gennaio ha preso il via l’edizione volta a celebrare il centenario della Triennale. In pochi, però, sanno che all’interno del suo programma è stata organizzata una mostra speciale da tanti punti di vista.
Si tratta di un percorso strutturato attraverso opere, progetti, documenti e materiali che vanno a definire il carattere della mostra Angelo Mangiarotti, Quando le strutture prendono forma.
Un’esposizione che ha lo scopo di festeggiare i sessant’anni di uno dei talenti architettonici più innovativi e visionari che l’Italia del dopo guerra ha conosciuto. Ma, in un certo senso, anche uno dei più sottostimati.
Come spesso accade, infatti, avere una visione diversa dai dettami generali non sempre aiuta ad avere successo. Questo vuol dire che Mangiarotti per molto tempo è stato considerato come un architetto eccentrico e controcorrente.
Nonostante questo, però, le sue opere hanno avuto, nel corso del tempo, un impatto incredibile. Non è un caso che le sua visioni e il suo modo d’intendere la progettazione siano stati d’ispirazione ad un talento come quello di Renzo Piano.
Le fabbriche di Mangiarotti

Negli anni cinquanta, in pieno periodo di ripresa e a pochi passi dal boom economico, Mangiarotti lega il suo percorso architettonico alla progettazione di fabbriche e industrie. Facendo leva su una visione personale di architettura, dunque, riesce ad andare oltre la rigidità delle forme previste per questo tipo di costruzioni.
Il risultato è una nuova dignità attribuita a questo luogo che abbandona l’anonimato del capannone per diventare un tempio del lavoro. All’interno di questo, poi, le esigenze degli operai sono centrali.
Ma non solo: Mangiarotti, infatti, ha un approccio così moderno da tenere in considerazione anche l’impatto sul contesto ambientale. Un’attenzione che oggi appare quasi scontata ma che negli anno cinquanta non lo era assolutamente.
L’allestimento di Renzo Piano

Come detto l’architetto ha deciso di lasciare il suo tocco nell’allestimento della mostra dedicata a Mangiarotti, che ha conosciuto durante gli anni del Politecnico e con il quale ha organizzato la quattordicesima Triennale.
Tutto il percorso è diviso in diversi nuclei tematici che vanno dal nodo al giunto, dalla scultura, all’assemblaggio, dall’astrazione alla sensualità, utilizzando un importante corpus di materiali tra cui modelli di studio, prototipi, realizzazioni e frammenti di lavoro.
Insomma tutti materiali ed oggetti che hanno lo scopo di rimandare al visitatore la varietà e ricchezza sperimentale di Mangiarotti, andando anche a ricostruire l’atmosfera sperimentale del suo studio.