Stefano Boeri Interiors: i nuovi bisogni abitativi e la trasformazione dello spazio, l’intervista a Giorgio Donà

Autore:
Caterina Di Iorgi
  • Giornalista

Abbiamo incontrato ed intervistato Giorgio Donà, Founding Partner & Director di Stefano Boeri Interiors, con cui abbiamo parlato a lungo degli ultimi progetti realizzati dallo studio, dei nuovi bisogni abitativi e del concetto di spazio che oggi deve riflettere le trasformazioni negli stili di vita e nei modi di abitare.


Stefano Boeri Interiors
Giorgio Donà, Founding Partner & Director di Stefano Boeri Interiors.

Qual è la sua storia Architetto Donà? Quando e come ha iniziato a lavorare nel mondo del design?

Capii da molto giovane che la questione degli spazi e lo studio di abitudini, bisogni e desideri sarebbe stata parte della mia crescita sia come persona sia come professionista. In famiglia ci si è sempre occupati di arredi, creatività e cultura del progetto, dal bisnonno ebanista alle generazioni successive, passando al commercio e all’imprenditoria. Dal 2011, anno della mia laurea in architettura allo IUAV di Venezia, cercai di delineare e disegnare un percorso di crescita che cercasse di mettere insieme questo passato con gli interessi e le passioni con cui iniziavo ad interfacciarmi.

Stefano Boeri Interiors opera e sviluppa progetti e ricerche nel campo dell’architettura di interni, dell’exhibition design e del product design. Può raccontarci come si è evoluto nel tempo il vostro lavoro in questi diversi ambiti?

Diversi ambiti che partono da una forte identità e da un approccio al “problema” trasversale. Ciò che per noi è fondamentale è la multidisciplinarietà del percorso e la trasversalità di obiettivi, temi e risultati. La cosa che più diverte e interessa è potersi muovere attraverso queste diverse scale di progetto e di bisogni, partendo da un intenso processo di ricerca e analisi della domanda.

Solo nell’ultimo anno lo studio ha firmato importanti progetti e collaborazioni con brand di fama nazionale e internazionale a partire da Cartier, Buccellati, Timberland e Napisan per citarne alcuni. Può raccontarci qualcosa di più su questi lavori?

Stefano Boeri Interiors
Residence Cartier

Parlando di spazi, siano essi una boutique come è stato per Cartier o un’installazione per Timberland, possiamo riconoscere, seppur in forme, materiali e quindi risultati differenti, delle assonanze e peculiarità molto chiare e trasversali. Siamo partiti, come in tutti i casi citati e anche in altre occasioni, come per lo showroom di Marmo Arredo di via Santa Tecla a Milano o per “The Italian Design Futures Capsule” per FIND – Design Fair Asia a Singapore, con il costruire delle alternative e opportunità che rendessero ogni singolo progetto un risultato specifico e mirato. Uno dei temi ricorrenti su cui lavoriamo, nella sua resa e scalabilità, è la flessibilità e modularità degli spazi, dei sistemi e dispositivi che ne creano la componente tangibile. Soluzioni che da un lato permettono ad esempio a uno spazio di trasformarsi e adattarsi nella forma e nel tempo per accogliere e suggerire nuove occasioni e usi, ma allo stesso tempo soluzioni che per la loro peculiarità costruttiva e tecnica possono diventare prototipo/modello moltiplicabile e replicabile in altre forme.

Quali sono invece le novità a livello di product design che avete presentato durante la Milano Design Week 2022?

Stefano Boeri Interiors
Ivy Targetti

Per la Milano Design Week 2022 abbiamo presentato diverse novità sia per l’indoor sia per l’outdoor. Ad esempio per UnoPiù abbiamo progettato Crest, un arredo modulare per esterni destinato ad accogliere e suggerire una moltitudine di attività, siano esse di piacere o di lavoro, ma anche legate alla convivialità, dove ritrovare una dimensione più rilassata e familiare. Per noi Crest rappresenta una delle possibilità di sintesi di come si possa evolvere il vivere outdoor. Con Targetti, invece, abbiamo collaborato per realizzare Ivy, un sistema di illuminazione per esterni che integra luce, audio e sensoristica ambientale, favorendo il benessere dell’uomo e il rispetto dell’ambiente, nella prospettiva di ottimizzare l’integrazione con l’architettura e la massima fruibilità per gli utenti. Per quanto riguarda la casa abbiamo lavorato, insieme a Marmo Arredo e Quartzform, a Chiglia, un tavolo composto da due gambe in vetro, trasparenti e minimali che valorizzano e sostengo il piano con un montaggio “a secco”, senza viti o sistemi meccanici, ma in perfetto equilibrio. Partendo da questa ricerca abbiamo immaginato e realizzato anche Tecla, un sistema di boiserie abitabile e componibile, che non usa incollaggi ma totalmente a secco e flessibile. Un sistema pertanto aperto, implementabile e trasformabile in base a esigenze e bisogni futuri.

Alla luce dei cambiamenti in corso in ambito climatico così come le innovazioni nella tecnologia e nei materiali, come pensa possano cambiare il suo modo di praticare la professione e, per esteso, il lavoro di Stefano Boeri Interiors?

Progettare dovrà rappresentare sempre più l’incontro di diverse discipline, creando nuovi punti di vista, volti a soddisfare i bisogni con un approccio più ampio, aperto e quindi integrale. Con un forte legame col passato, fonte d’ispirazione e di confronto, bisognerà essere in grado di creare, attorno a delle suggestioni e ai desideri, dei processi di ricerca e analisi capaci di trasformare ogni esperienza in risultato. In ogni progetto, che sia esso per un prodotto, un interno o una architettura, abbiamo messo al centro la necessità di creare un’alternativa che non fosse solo una questione di estetica e di forma, ma bensì tecnica e funzione, in evoluzione con i bisogni e le prospettive contingenti. Allo stesso tempo però la risultante di questo processo creativo e produttivo ci ha permesso di immaginare dei prodotti/progetti aperti: sistemi che sono sia parte e soluzione per il presente ma capaci di assorbire e adattarsi a possibili nuovi futuri scenari e desideri.

Quali sono le aziende di design che ispirano maggiormente il lavoro dello studio?

Dal principio credo sia importante potersi interfacciare e dialogare molto apertamente. Il rapporto si evolve e concretizza nel momento in cui la comunione di obiettivi e quindi di prospettive traguardano verso la costruzione di percorsi transitori indirizzati alla produzione e trasformazione di forme e processi che siano sempre più virtuosi e compiuti: una complessità che, oltre a sapersi porre da altre prospettive e sapersi relazionare con altri ambiti e discipline, deve prendere necessariamente in considerazione altri fattori che diventano parte della soluzione, in quanto sintesi di bisogni anche culturali, sociali e ambientali. La circolarità di questa evoluzione, che si fonda su una forte e intensa attitudine alla ricerca e sviluppo, diventa per noi strumento di selezione di quelle realtà che maggiormente ci ispirano e con le quali, in molti casi, riconosciamo concrete assonanze.

In che modo i luoghi influiscono sul vostro modo di concepire i progetti?

Stefano Boeri Interiors
Marmo Arredo Showroom Santa Tecla Chiglia

La condizione di luogo è uno degli obiettivi a cui ci si dovrebbe riferire quando si progetta e si lavora di immaginazione. L’interazione tra uno spazio, che sia esso pubblico o privato, aperto o circoscritto, naturale o antropizzato, con gli oggetti e le persone che lo co-abitano, sia in forma individuale o collettiva, genera o trasforma un luogo: è necessario quindi progettare per suggerire modi, tempi e usi di uno spazio che diventa la sintesi del compromesso di bisogni e prospettive presenti e future. Guardandola da un altro punto di vista ci si trova però sempre nelle condizioni di intervenire in contesti compiuti, generalmente in equilibrio. L’azione di concepire nuovi progetti deve saper costruire forme di interazione e dialogo con le risorse, i flussi e le peculiarità del luogo a cui ci si riferisce per generare possibili evoluzioni e transizioni verso condizioni migliorative, che prendano in considerazione bisogni e desideri nuovi, partendo da un punto di vista che sia sempre più consapevole e responsabile.

I cambiamenti dovuti al COVID-19 sono stati rapidi. In che modo pensa che la pandemia abbia cambiato e continuerà a plasmare il mondo del design?

A inizio lockdown, abbiamo pubblicato una ricerca divenuta poi progetto editoriale e che abbiamo chiamato “The Day After. How will spaces change?”. In quell’occasione abbiamo voluto porre e porci quelle che sarebbero diventate le domande sempre più frequenti e fondamentali per la ripresa di spazi, modi e tempi di una quotidianità necessariamente messa in forte discussione. In quel contesto abbiamo cercato di delineare dei concetti e soluzioni che poi sono diventate parte del nostro percorso creativo e di ricerca. La multidisciplinarietà a cui traguardiamo in ogni occasione e azione progettuale, è diventata sempre più protagonista e parte integrante di metodo e approccio. Nel futuro dovremmo sempre più essere in grado di osservare da punti di vista differenti, non solo assecondare e porci dalla parte della domanda, ma cercare una risposta in altre discipline e in altri bisogni.

Qual è il pezzo che secondo lei non dovrebbe mai mancare in una casa?

Più che un pezzo nello specifico, in una casa credo proprio non possa mancare la convivialità. Possiamo ritrovarla in un tavolo, attorno il quale incontrarsi, mangiare, lavorare, giocare, oppure nella cucina, che sia essa l’arredo o l’ambiente, luogo nel quale si riunisce la rete delle relazioni familiari proprie della quotidianità del singolo. Una quotidianità sempre più complessa e variabile, allo stesso tempo scalabile e mutevole secondo le molteplici traiettorie di vita. Nel futuro potremmo vedere ad esempio un letto trasformarsi e rendere lo spazio, con poche mosse, adatto a poterci lavorare o fare sport. Immaginare quindi arredi e oggetti che mutano, amplificando i tempi e modi d’uso di alcuni ambienti della casa che a loro volta potranno aprirsi, per mezzo ad esempio del digitale, alla condivisione verso l’esterno. La casa, quale collezione di oggetti, ricordi, colori, aneddoti e desideri, seppur con stili e forme variabili, dovrà mantenere il proprio stato di luogo accogliente e conviviale.

Volgendo uno sguardo al futuro: quali sono le idee che dovrebbero essere al centro delle menti di architetti e designer?

Nel futuro la ricerca dovrà essere in grado di creare forme e soluzioni ibride. Abbiamo imparato dal passato recente che i confini ad esempio tra pubblico e privato, tempo libero e lavoro sono sempre più labili e in evoluzione: una continua e necessaria trasformazione e adattabilità alle contingenze e urgenze. Case che diventano uffici e spazi di lavoro che diventano occasioni di convivialità. Quindi i luoghi, che siano essi la congiunzione degli spazi di una casa, di un quartiere, della città o di un bosco, saranno sempre più abitati da uomini, piante, animali e oggetti che dovranno insieme adattarsi e trasformarsi in continuità con le abitudini, i ritmi e le future complessità condivisibili, per creare una proficua ma sempre più necessaria sana convivenza.