Milano Design Week: Felicia Ferrone per f f e r r o n e
Fuorisalone 2023 f f e r r o n e: si chiama “Still Now. The Dinner” ed è la spettacolare installazione ambientata nella Villa Mirabello, una delle dimore più antiche di Milano, aperta per la prima volta durante la Milano Design Week. Ne abbiamo parlato con Felicia Ferrone, fondatrice e designer del brand.

Ci racconta la storia di fferrone e come è nato? Su quali valori si fondano l’identità e la filosofia produttiva di fferrone?
Sono un architetto, un designer, una accademica ed anche imprenditrice. Dal 2001, la mia ricerca artistica ha mostrato come gli oggetti quotidiani ben progettati possano essere un importante tessuto connettivo per la nostra identità collettiva. Gran parte del mio lavoro, infatti, è rivolto al tavolo da pranzo, luogo simbolo di condivisione, con la celebrazione del cibo, delle bevande e della convivialità che offre. I nostri oggetti quotidiani hanno infatti un potenziale latente e significativo per la sostenibilità, l’utilità e la memoria, mostrano come il potere del design può aiutarci a stabilire connessioni più significative con il nostro passato, presente e futuro.
f f e r r o n e è l’omonimo marchio internazionale che ho fondato nel 2001 a Chicago a cui nel 2018 è seguita l’apertura della sede di Milano, ed è noto per proporre l’inconsueto attraverso un’estetica apparentemente minimalista.
Gli archetipi vengono reinventati, le tipologie si incrociano e si fondono: f f e r r o n e (www.fferronedesign.com) si distingue per il sapiente mix di influenze europee, estetica minimalista, studio delle proporzioni e l’attenzione minuziosa per i dettagli. Attraverso strette collaborazioni con maestri artigiani, ogni pezzo è realizzato a mano consentendo un uso innovativo di materiali e tecniche di produzione, un altro elemento identificativo della mia filosofia e del mio approccio al design.
Ci racconta alcuni progetti recenti su cui avete lavorato?

Ho lavorato ad una teoria che definisco “neo-grannyismo” un’esplorazione della memoria, della forma e di nuove modalità di essere attraverso operazioni di riattualizzazione e rivalorizzazione i oggetti comuni.
Il repertorio di oggetti che “imbandisce” la tavola – recuperati nei mercatini delle pulci e nei negozi dell’usato – è un tesoro di possibilità e forme, ma oggi in disuso, che ho deciso di riabilitare conferendogli atemporalità, calandoli in un dialogo tra passato, presente e futuro.
La riflessione sugli oggetti comuni unitamente all’assemblaggio formale dell’installazione, mi ha ispirato a intraprendere uno studio sui dipinti di nature morte, che storicamente raffiguravano oggetti domestici, considerati secondari nella tradizione artistica del dipinto.
Nasce così la collaborazione con il fotografo Jonathan Allen che ha dato vita a Ultramarinus: Memories of the future, una serie di still life contemporanei, che trae nome da ultramarino, un pigmento di colore blu intenso derivante dalla polvere del lapislazzulo (il termine latino ultramarinus significa al di là dal mare perché il pigmento era importato in Europa dalle miniere dell’Afghanistan da commercianti italiani nel XIV e XV secolo).
Ci racconta le novità della collezione 2023 che avete presentato in occasione della Design Week? Qual era il concept dell’allestimento per il Fuorisalone?

Grazie ad uno scenario teatrale monocromatico blu Klein è possibile scoprire le collezioni in vetro del brand, tra una mise en place suggestiva e un corpus di still life che richiamano la tradizione del 1600. L’esclusivo contesto rinascimentale è la quinta scenica di un’avvolgente esperienza estetica e concettuale che vede protagonista un’installazione dove i linguaggi creativi si mixano in una rilettura del tempo.
Qui, sono presentate le iconiche collezioni dei miei bicchieri all’interno di un’interpretazione artistica della cena, dove diverse ispirazioni si incontrano, a partire dal banchetto rinascimentale fino a giungere alle più recenti references dell’arte contemporanea.
Nelle sale di Villa Mirabello, STILL NOW. The dinner si svela come una mise en place monocromatica che evoca gli still life del Seicento dove forme eterogenee di oggetti comuni si stagliano da una colata di colore, un blue Klein intenso e sacrale allo stesso tempo. In questo paesaggio ultraterreno emergono le creazioni in vetro di Ferrone, epifanie di design messe ora in dialogo con articoli quotidiani tipici del Novecento e di quella cultura consumistica che l’ha caratterizzato.
Le collezioni di Ferrone, contemporanee nel design ma caratterizzate da un tocco retrò e futuristico allo stesso tempo, emergono dallo sfondo monocromatico dell’installazione, mostrando le loro qualità formali, indipendentemente dal tempo o dall’epoca, per enfatizzare come il design sia un valore che trascende l’obsolescenza e la nostra attuale cultura usa e getta.
Com’è la casa del futuro secondo fferrone?
La casa del futuro che immagino sia una versione aggiornata della macchina per vivere (Le Corbusier) in cui tutto ha uno scopo per il nostro modo di vivere, e quello scopo potrebbe semplicemente essere quello di evocare l’emozione della “gioia”.
Secondo lei, come sono cambiati negli ultimi 10 anni lo stile delle case, la divisione degli spazi ed il gusto dei clienti? Ci sono oggetti e/o elementi che prima non si vendevano e adesso sì o viceversa?
Pensando al futuro, quello che mi interessa di più è l’idea di riportare la formalità in casa, allontanandosi dal concetto di “spazio aperto”. Mi piacerebbe vedere la cucina e la sala da pranzo di nuovo separate e il soggiorno diventare la sua stanza living.
Mi racconta un oggetto di casa sua a cui sei particolarmente affezionata?
Il posacenere Olivetti Synthesis di Ettore Sottsass che ho a casa. È un pezzo che mi dà una grande gioia nel vederlo appoggiato sul tavolo. Non fumo ma in un certo senso mi fa desiderare di averlo fatto.
Il tuo pezzo che non dovrebbe mai mancare in una casa?
Meravigliosi oggetti in vetro, ovviamente!
Qual è la “cosa” più contemporanea, forte e promettente che si sta manifestando a suo avviso sulla scena del design contemporaneo?
Spero che si torni ad acquistare meno cose e a puntare su quegli oggetti ben progettati, di buona qualità e duraturi nel tempo; cose con cui potremmo immaginare di voler convivere per molti decenni a venire.