Abitare a Palazzo

Autore:
Mia Pizzi
  • Direttore editoriale

All’indiscutibile piacevolezza di un soggiorno a Roma, si aggiunge ora la sorpresa di Palazzo Velabro, un  nuovo mixed-use hotel che propone diversi linguaggi espressivi per un concept allargato di ospitalità

Abitare a Palazzo

Siamo ai Fori Imperiali, accanto all’Arco di Giano, tra il Palatino e il Foro Boario, lì dove il Tevere forma un’ampia ansa e dove la leggenda dice sia approdata la cesta con i neonati Romolo e Remo. A pochi metri, una fila lunghissima di turisti aspetta pazientemente di fare uno scatto accanto alla Bocca della Verità. Immersi nella storia, varchiamo la soglia dell’appena inaugurato Palazzo Velabro – uno dei Design Hotels di Marriott – un tempo residenza nobiliare settecentesca, la cui austera facciata nulla lascia presagire del contenuto di ospitalità friendly e sfaccettata proposta all’interno. Anima di questa nuovo concept è Cristina Paini, affascinante CEO di LHM, la società di management alberghiero white label, che per prima ha sviluppato in Italia il concept dei Condohotel e di mixed-use Hotel.  Vale a dire, sentirsi a casa con servizi di alta hôtellerie: “Il nostro intento è stato quello di coinvolgere diverse anime e sensibilità intorno all’idea ‘a room is not enough’ e questo ci ha permesso di riunire sotto lo stesso tetto l’idea del design e dell’arte contemporanea, dei libri e del cinema, dello studio del verde e del food”.

Un’orchestra ben diretta e di conseguenza pienamente accordata grazie a un team di donne straordinarie che, ognuna nel suo campo, si sono fatte carico delle diverse competenze restituendo al cliente l’idea di poter vivere questo Palazzo romano nella sua complessità, in un’alternanza di spazi comuni e privati.

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La storia più recente

L’architetto Luigi Moretti, esponente del razionalismo, negli anni Sessanta aveva attuato il restauro conservativo di Palazzo Velabro, rispettandone la pre-esistente struttura architettonica sia nella facciata esterna sia nella suddivisione degli spazi interni. Solo aggiungendo una sua personale interpretazione – come spesso fanno gli architetti – che ritroviamo nella felice curvatura degli angoli dei muri e in alcuni dettagli, uno fra tutti l’originale zoccolino che corre lungo le pareti.

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Altrettanto rispettoso, seppure più incisivo, il progetto di interior design dello studio milanese GaribaldiArchitects che un paio di anni fa ha iniziato il lavoro di riqualificazione dell’edificio, fino ad allora utilizzato come residence.

L’intervento architettonico

In controtendenza con quanto generalmente succede, alle grandi superfici della hall e delle zone comuni è stata preferita la preesistente suddivisione in ambienti di minori dimensioni sì da comunicare l’idea di entrare in uno spazio più privato, domestico e rassicurante. “Qui il passato si rilegge anche negli interventi architettonici” racconta Alessia Garibaldi.

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E così i colori e i materiali scelti intendono sì rendere omaggio a Roma e a Moretti, ma sono attualizzati e obbediscono a una puntuale idea progettuale. La palette nei toni vintage salvia, terracotta e cobalto è una scelta decorativa creata ad hoc per far emergere l’architettura. Il marmo, che si rifà alla storia e agli interni di Moretti al Foro Italico, è riscattato dalla finitura dell’arabescato e della breccia viola, mentre il legno cannettato curvo, tipico degli anni Cinquanta, diventa boiserie e arredo.

I tanti aspetti della cultura

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Varcando l’ingresso è quasi impossibile non alzare lo sguardo. Le volte del soffitto sono impreziosite dall’opera “Histoire d’Eau” con cui l’artista Edoardo Piermattei riprende gli storici soffitti affrescati, qui espressi in un’esplosione di colori alleggeriti dall’utilizzo della tecnica dei colori ad acqua. E’ la prima delle diverse espressioni culturali che troviamo all’interno del Palazzo, pensato da Cristina Paini e da Alessia Garibaldi anche come spazio di esposizione per mostre di giovani artisti che potranno esprimersi nelle diverse arti – fotografia, arte, cinema, letteratura – forti della curatela di Chiara Guidi e Maria Vittoria Baravelli, che con passione ha selezionato anche le belle fotografie d’autore che troviamo nel Palazzo e gli speciali 100 volumi (a disposizione degli ospiti) che compongono la biblioteca. “Una scrittrice che amo molto, Marguerite Yourcenar – spiega Maria Vittoria – diceva che la nostra prima patria sono i libri che abbiamo letto. Per questo ho ricreato qui, a Palazzo Velabro, una piccola selezione dei libri letti negli ultimi dieci anni che mi hanno colpito. 100 libri che si parlano e ci guardano”.

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Un’ ulteriore piacevole sorpresa è data dalla presenza al piano terra di un piccolo cinema, arredato con boiserie di noce, pareti bordeaux e poltrone di design: spazio intimo in cui rilassarsi, con proiezioni anche on demand.

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La cultura del cibo non poteva trovare miglior interprete di Penelope Musolino, solare chef proveniente dall’esperienza de La Pergola di Heinz Beck, la cui la personale ed efficace interpretazione della tradizione merita un sicuro riconoscimento (oltre alla gratitudine per chi assapora i suoi piatti). Il ristorante è diviso in quattro stanze comunicanti, ognuna caratterizzata da una diversa identità, con la costante dei materiali e degli elementi di arredo: pavimenti di legno, tessuti Rubelli e alle pareti le foto floreali di Piero Gemelli.

Mentre al primo piano si apre una terrazza interna (con servizio di ristorazione) affacciata su un giardino romano e impreziosita dal progetto di landscape dello studio romano Blu Mambor.

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Gli spazi privati

“Già dai primi sopralluoghi del palazzo, ho avuto la sensazione di entrare in un luogo “intimo” dove gli spessi muri romani della struttura architettonica originale, che avevano già accolto la lezione del maestro modernista Luigi Moretti, avessero lo spazio per raccontare una terza storia, la nostra” prosegue l’architetta Garibaldi. Il risultato è un progetto di mixed-use hotel con oggetti di design originali, vintage, arredi creati su misura e realizzati da Concreta.

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All’interno di Palazzo Velabro ci sono camere e appartamenti. Le tre diverse tipologie – junior suite, suite e standard – si caratterizzano per le palette cromatiche – verde, blu cobalto, neutro rosa/mattone – le carte da parati, le essenze legnose degli arredi e (alcune) per la zona living con un’accessoriata cucina in nicchia. Né mancano i riferimenti all’Oriente, particolarmente amato dalla progettista. Sono scampoli di memorie e di viaggi che ritroviamo nelle stampe delle moquette dei corridoi decorate con i rami di pesco in fiore di Kyoto, nei tubolari di legno degli scrittoi che ricordano il bambù, negli specchi, nelle pareti scorrevoli e persino negli intonaci tirati a piombo fatti a mano senza glossature, che si collegano alla filosofia giapponese della preziosità dell’imperfetto.

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A Palazzo Velabro ogni spazio è speciale. Tutto il progetto è un mix di stili articolati, una stratificazione di linguaggi e di sensazioni.

Come la nostra vita. Sta a noi scegliere in quale ‘stanza’ abitare.