Un cannocchiale di luce

Autore:
Mia Pizzi
  • Direttore editoriale
Tempo di lettura: 4 minuti

L’appartamento abbandonato in un edificio storico nel centro di Palermo ha rivelato tesori
inimmaginabili. Travi dipinte, putti e cavalli che solo il paziente restauro dell’architetta Simona
Lomolino ha restituito alla vita.

Un cannocchiale di luce

Imbattersi in uno spazio disabitato e rimanerne profondamente affascinati, senza più dimenticarlo. Fantasticando per mesi sulla possibile vita tra quelle stanze, per poi riuscire a farne la propria casa, riconsegnandola all’antico splendore, complici un’inaspettata rivelazione e le potenzialità trasformative agite con grande rispetto. Questo il racconto dell’architetta Simona Lomolino per la nostra rubrica Trasite! Antologia dello spazio domestico.

Un cannocchiale di luce

La storia della mia casa è una storia d’amore.

Mi imbattei in questo spazio nel 2007, quando Vincenzo e Manfredi mi portarono lì per vederne il disastro al fine di trarne una consulenza tecnica.

Non concludemmo quasi niente.

Ma mi meravigliai della meraviglia e dell’abbandono di una tale meraviglia.

Che comunque poi rimase lì, a lungo da sola e disabitata.

Vivevo nelle vicinanze, in una casa in affitto, e spesso, passando per rincasare, mi ricordavo di questa abitazione. Certo allora non avrei mai pensato che il 6 marzo del 2021 la stessa casa sarebbe diventata mia grazie a una storia d’amore tra tanti soggetti, uno dei quali, ovviamente, sono proprio io.

Avevo incominciato ad immaginarmi dentro già dal mese di gennaio, sfornando quei progetti che tenevo segreti, quasi per scaramanzia. Solo due cose erano certe: trasformarla il meno possibile dal punto di vista distributivo (anche per vedere, sin dall’ingresso, tutta l’infilata delle stanze fino alla luce del balcone) e ricavarne una piccola porzione da ristrutturare immediatamente, da utilizzare per viverci durante i lavori e successivamente da adibire a studio/casa vacanze/pied à terre per mio nipote Tancredi o come rifugio per gli amici.

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Al di là dell’aspetto distributivo, avevo tanti altri desideri a cui non intendevo rinunciare nel progetto: una cucina grande, un armadio/cabina armadio che mi evitasse la tragedia del cambio stagione, una vasca da bagno, un grande tavolo da pranzo.

E fu così che a giugno del 2021 iniziò l’avventura dei lavori.

C’era un disimpegno nella parte centrale della casa, all’interno del cui controsoffitto avrei voluto installare le macchine per l’impianto di condizionamento più invisibile del mondo. Avrei voluto…Purtroppo, o per fortuna, era un uovo di Pasqua, che celava al di sopra putti, cavalli, travi dipinte nascoste. Quindi niente impianto invisibile…ma sono stata ampiamente ricompensata da questa meravigliosa rivelazione.

La stanza di passaggio, sarebbe poi diventata la più bella della casa, la mia sala lettura, la stanza di Tancredi, il rifugio per gli amici. Con un solo motivo di rammarico. Troppo personale per rivelarlo qui.

Oggi, che i lavori si sono da poco conclusi, posso ritenermi soddisfatta: ho avuto quello che volevo, ci vivo per come mi ero immaginata e la casa rivive sin da quando, nella piccola ala sinistra che attualmente è un alloggio turistico, ho abitato io, per 19 mesi accampata in uno straordinario disordine tra scatole e polvere, proveniente dal confinante cantiere.

E il ricorrente Ars et Labor con la tavolozza del pittore mi ricorda ogni giorno che dovrei ricominciare a dipingere lì, nello studiolo appositamente predisposto.

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Simona Lomolino, architetto dal 2001 e ingegnere dal 2005, oltre che da sempre pittrice per gioco, dopo anni di esperienza nell’edilizia e nei cantieri pubblici e privati di varie entità e tipologie, dal 2021 è ritornata nel mondo dei grandi impianti di energie rinnovabili che l’hanno portata a seguire importanti progetti sull’intero territorio nazionale.

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simonalomolino1@gmail.com