Un materiale tessile nato dal mare per un’architettura morbida. Il caso di i-Mesh

Autore:
Ali Filippini
  • Giornalista
Tempo di lettura: 8 minuti

Dietro a ogni vera innovazione si nasconde una storia e quella di i-Mesh evoca il concetto visionario di textile architecture.

Un materiale tessile nato dal mare per un’architettura morbida. Il caso di i-Mesh
Mostra ARS_RegionE Marche_© Yosuke Ohtake

Era il 1987 quando Alberto Fiorenzi, ingegnere navale con una grande passione per la vela, fondava un’azienda per produrre tutto il tessile in uso alla nautica compresa la tecnologia e i software. Da quel know how nasceva nel 2008 la nuova avventura legata, è il caso di dirlo, al filo brevettato da cui genera questo esempio di Made in Italy al servizio dell’interior design e dell’architettura.

Il centro di tutto si trova oggi a Castelfidardo, nelle Marche, non lontano dalla Riviera del Conero affacciata sull’Adriatico e oggi rappresenta una realtà aperta all’altro e al mondo come nella visione del suo fondatore.

Il mare è la nostra infrastruttura, fatta di relazioni e intuizioni, qualità del pensiero e delle idee, tecnologie, materiali e soluzioni tecniche, sintonia con le evoluzioni del gusto, della creatività, del progetto.

Parliamo un trasferimento di conoscenze: fabbricando materiali per vele l’azienda si è evoluta e specializzata creando dei nuovi tessuti diventati nel tempo materia innovativa, sostenibile, e decorativa per l’architettura e il design, per l’arredo pubblico e privato, sia indoor che outdoor. Una versione contemporanea, se si vuole, delle schermature solari utilizzate in vari paesi anche con materiali diversi come nella “Gelosia” europea, chiamata Mashrabiya nel Medio Oriente e Jali in India.

Un materiale tessile nato dal mare per un’architettura morbida. Il caso di i-Mesh
Tomo_Ara_CascataGriglia Morbida_© Matteo Natalucci_

Il brevetto della griglia multi-assiale innovativa per l’architettura e il design, lanciato ufficialmente nel 2014, rispondeva alla crescente domanda di soluzioni per l’ombreggiatura solare e il design architettonico. Tema al centro del dibattito attuale, basti pensare a quante riflessioni circa la prevenzione dell’irraggiamento si sono viste all’ultima Biennale Architettura di Venezia.

Negli ultimi dieci anni l’azienda marchigiana ha sviluppato applicazioni per l’uso interno ed esterno del suo materiale, dimostrando di poter migliorare il comfort termico e l’efficienza energetica degli edifici.

Gli utilizzi in interno comprendono partizioni, soffitti e tende, mentre all’esterno protegge persone e edifici dalle radiazioni solari eccessive, creando coperture solari di qualsiasi dimensione e schermature per facciate. Il plus è la leggerezza oltre che la durata e la resistenza, rappresentando nell’insieme un’ottima soluzione di compatibilità ambientale.

Un materiale tessile nato dal mare per un’architettura morbida. Il caso di i-Mesh
Kengo_Kuma_Fuku-Ori_© Matteo Natalucci_

Racconta Alberto Fiorenzi:

Rappresentiamo una nicchia del tessile tecnico o, come preferisco chiamarlo, del “composito morbido” e quel che otteniamo dal nostro processo è un tessile non intrecciato, una sorta di tessuto non tessuto.

Il prodotto si articola in sei soluzioni, tutte di origine minerale: tre di origine inorganica e tre di origine organica (Basalto, Silicio e la terza una mescola delle due). E poi Carbonio, Technora e Zylon.

Il filato viene acquistato, quindi opacizzato in alcuni casi, e affidato al processo produttivo che avviene per fusione e compressione delle fibre in una sorta di operazione di incollaggio realizzata con macchine proprietarie (sorta di grandi telai a controllo numerico) con algoritmi a controllarne l’esecuzione.

Fattore molto importante, il processo non genera scarti e i tessuti escono già pronti per essere installati. Il segreto è nella personalizzazione che aiuta, appunto, a non avere sfridi nella produzione oltre a evitare problemi di stoccaggio. I colori usati rimangono quelli originali, naturali, delle fibre e il filo non viene tinto ma solo occasionalmente il polimero che lo ricopre.

Con parole ispirate il team di i-Mesh parla della sua missione in termini di “ammorbidire” l’architettura, integrando leggerezza e flessibilità, collaborando con architetti e designer per progetti unici.

È il caso della fornitura per le aree esterne dell’Expo di Dubai 2020, ancora in loco a dimostrazione della sua resistenza, composto di pergole retraibili per 280 unità con un totale di 50 mila metri quadri di tessuto (installate in sole due ore) in grado di ridurre la temperatura di cinque gradi, dove anche il pattern è personalizzato.

Un materiale tessile nato dal mare per un’architettura morbida. Il caso di i-Mesh
Expo-2020-Dubai_Dubai_

Potremmo definire il prodotto come un device d’architettura passivo – puntualizza Alberto Fiorenzi – che auspico possa diventare una norma per ridurre la temperatura, attraverso la porosità del tessuto, senza ricorrere all’uso dell’aria condizionata.

Diversamente, gli architetti scelgono i-Mesh oltre che per la sua sostenibilità, comparata all’uso di membrane in metallo, anche per l’espressività. È il caso della recente boutique Dior, brand con cui l’azienda collabora da sei anni, per l’espansione del Tokyo Plaza, che rappresenta un perfetto esempio di textile architecture dove i tessuti i-Mesh si integrano gli altri materiali.

Un materiale tessile nato dal mare per un’architettura morbida. Il caso di i-Mesh
IMesh_Orchard_Singapore_Finbarr_Fallon_
Un materiale tessile nato dal mare per un’architettura morbida. Il caso di i-Mesh
IMesh_Orchard_Singapore_Finbarr_Fallon

Altrettanto importante l’impiego nella nuova facciata di H&M Singapore, dove il tessuto tecnico avvolge l’edificio con un velo di luce e materia. Alta undici metri e sviluppata su oltre mille metri quadrati è un landmark urbano sulla celebre Orchard Road, dove il pattern Morellet, uno dei più iconici della collezione i-Mesh, reinterpreta in chiave tessile il linguaggio geometrico e minimale dell’artista francese omonimo. La rete è ancorata solo ai margini superiori e inferiori, mentre sottili dispositivi di fissaggio assicurano la stabilità nei punti chiave. Il risultato è una pelle sospesa, che avvolge l’edificio come un organismo vivo e sensibile, suggestiva nella visione notturna attraverso i LED.

Un materiale tessile nato dal mare per un’architettura morbida. Il caso di i-Mesh
IMesh_Orchard_Singapore_Finbarr_Fallon

Così come di altri esempi dove i-Mesh viene inserito in interni sia per garantire privacy senza dividere gli ambienti con partizioni murarie sia per esaltare con la trama e il colore la sensorialità percepita nell’ambiente.

Un materiale tessile nato dal mare per un’architettura morbida. Il caso di i-Mesh
foto: Zhu Yumeng

Anche all’ultimo Expo di Osaka l’azienda è stata protagonista per essere stata scelta da MCA – Mario Cucinella Architects per il Padiglione Italia ispirato dall’opera la “Città Ideale”, attribuita a Luciano Laurana, nel Palazzo Ducale di Urbino. Si è sviluppato così uno studio a partire dall’irraggiamento delle facciate per mettere la materia solo dove risultava necessario (qui ritorna il discorso della personalizzazione), da cui la diversità dei pattern dei vari pannelli che rivestono il padiglione.

Un materiale tessile nato dal mare per un’architettura morbida. Il caso di i-Mesh
Zhu Yumeng
Un materiale tessile nato dal mare per un’architettura morbida. Il caso di i-Mesh
Zhu Yumeng

Sempre a Osaka i-Mesh è stato tra i protagonisti scelti dalla Regione Marche per esibire al mondo le sue eccellenze, come parte della sezione “Connettere le vite”, con una mostra di arazzi concepiti come installazioni per attivare il dialogo multiculturale.

Gli arazzi d’autore appartengono al progetto Arazzi Contemporanei, ideato dall’architetto Cristiano Toraldo di Francia e Alberto Fiorenzi dieci anni fa e dal primo fortemente incoraggiato, dove l’arte nutre la ricerca sperimentale che porta ad espandere le applicazioni. All’origine c’è sempre il filo, multiassiale e multifunzionale, che sfidando la tecnologia e piegandosi a tecniche impreviste fa nascere texture inedite.

Da questa ricerca apparentemente senza scopo, si possono ricavare delle idee da portare nella produzione come è avvenuto con gli Arazzi di Ico Migliore dove il lavoro sulla densità, sul gradiente del filo ha suggerito un impiego analogo per ottimizzare il comfort luminoso del prodotto finito per l’architettura.

I quattro nuovi arazzi concepiti per Expo Osaka che si vanno aggiungere alla collezione, temporaneamente esposta negli ambienti storici di Palazzo Gallo di Osimo, sono realizzati da Tomo Ara, Kengo Kuma, Yuko Nagayama e Migliore+Servetto.

Arazzi contemporanei: foto e immagini

L’arazzo di Tomo Ara, omaggio a Cristiano Toraldo di Francia, cita le visioni e l’iconografia di Superstudio: un pattern ispirato agli Istogrammi di Architettura, reinterpretato con una griglia tridimensionale fluida, capace di esaltare profondità e dinamismo. Kengo Kuma si ispira al Kumiko, arte tradizionale giapponese che crea motivi geometrici a incastro nei pannelli shoji e nelle opere lignee, spesso con simboli di buon auspicio. Yuko Nagayama lavora sull’idea di flusso e onda, con modelli stratificati di onde di varie dimensioni. L’arazzo di Migliore+Servetto, ispirato all’attraversabilità, è modellato dalla luce e dalle textures; dialoga con lo spazio e l’orizzonte con un disegno verticale e ortogonale, più denso al centro e sfumato ai margini, presenta trame aperte e permeabili, modificate dal vuoto circostante.

Un materiale tessile nato dal mare per un’architettura morbida. Il caso di i-Mesh: foto e immagini

Ali Filippini
Ali Filippini, laureato in design al Politecnico di Milano, dottore di ricerca in Design, affianca all'attività didattica quella professionale in ambito editoriale collaborando come giornalista pubblicista per riviste di settore (Abitare, Auto&Design) e a progetti dedicati alla cultura del design. Per Pianeta Design i suoi contributi vertono maggiormente sui temi della tecnologia e dell’innovazione.