Vendita immobile non andata a buon fine: cosa può fare l’acquirente
Vi è mai capitato di concludere una trattativa di acquisto di un immobile con un contratto stipulato a condizione risolutiva futura che non si verifichi? In tal caso, qualora il venditore non ottemperi per determinare la condizione produttiva degli effetti del contratto, cosa può fare l’acquirente per potersi tutelare dal mancato acquisto?
Un contratto di compravendita può produrre effetti sulla base del verificarsi di una condizione futura apposta da una clausola cosiddetta risolutiva.
Tale clausola risolutiva è introdotta nel contratto di compravendita di un immobile allorquando le parti facciano dipendere dal verificarsi di un evento futuro ed incerto l’efficacia del vincolo negoziale e dell’obbligazione da esso derivante.
Contratto di compravendita sottoposto a clausola risolutiva
La clausola risolutiva del contratto che sottopone lo stesso al verificarsi di un evento futuro ed incerto per produrre effetti, nel momento in cui la condizione non si verifica, determina l’inefficacia del negozio giuridico fin dall’inizio.
Clausola risolutiva espressa nel contratto di compravendita
Quest’ultima si differenzia dalla clausola risolutiva poichè produce effetto qualora la parte del contratto inadempiente comunichi all’altra che intenda avvalersi della stessa, con conseguente sentenza di scioglimento del vincolo che produce effetti dal giorno successivo alla trascrizione della domanda giudiziale di risoluzione contrattuale (cass. civile sent.n.24299 del 2006)
L’orientamento prevalente della giurisprudenza stabilisce che le parti per propria volontà possano sottoporre il contratto di compravendita ad evento futuro ed incerto attraverso clausole risolutive o sospensive.
Condizione risolutiva contrattuale non si verifica per colpa del venditore: l’acquirente può agire
Può, pertanto, verificarsi che il promissario acquirente di un bene, faccia valere in giudizio il diritto di recesso per inadempimento del venditore alla propria prestazione obbligatoria da cui derivi il non verificarsi dell’evento futuro stabilito dalla condizione risolutiva.
Nel caso di specie, il promissario acquirente potrà agire in giudizio per ottenere il doppio della caparra versata ovvero agire con domanda di risoluzione di diritto del contratto per inadempimento del venditore alla condizione futura apposta nella clausola sospensiva.
In particolare, è possibile che le parti stipulino tra loro un contratto di vendita preliminare nel quale appongano l’efficacia del contratto al verificarsi di una condizione, un evento futuro ed incerto: l’eliminazione da parte del venditore dell’ipoteca gravante sull’immobile prima della trascrizione del preliminare.
Di poi, si verifica che il promittente acquirente non provveda alla propria prestazione determinando il non verificarsi della condizione futura a cui era sottoposta la produzione degli effetti del contratto.
A tal punto, l’acquirente per tutelare i propri interessi, può agire in giudizio intraprendendo due strade differenti ma non cumulabili: l’acquirente, infatti, può agire per ottenere il recesso dal contratto e la ritenzione della caparra versata oppure chiedere la risoluzione per inadempimento con conseguente risarcimento del danno.
La Corte di Cassazione, tuttavia con sentenza a sezioni unite, stabilisce che l’acquirente che non abbia potuto beneficiare dell’acquisto per inadempimento del venditore alla propria prestazione di determinare il verificarsi dell’evento futuro apposto in clausola risolutiva, può scegliere solo una delle due azioni a propria tutela.
In particolar modo, se il promittente acquirente agisce per ottenere la restituzione del doppio della caparra versata all’inizio non potrà, di poi, agire anche per far valere la risoluzione di diritto del negozio giuridico per inadempimento del venditore alla propria obbligazione contrattuale (ad esempio non abbia provveduto entro sei mesi dalla stipula del preliminare a cancellare l’ipoteca apposta sull’immobile).
L’acquirente dunque è legittimato ad agire o con azione di recesso con ritenzione del doppio della caparra o con azione di risoluzione contrattuale e conseguente risarcimento del danno ma non potrà far valere in giudizio le due pretese a tutela dei propri interessi.