Una casa al mare
Nella campagna di Casteldaccia, in provincia di Palermo, l’abitazione dell’architetta Ornella Amara è un’oasi di pace, posta su una collinetta da cui lo sguardo si perde sul mare, spingendosi fino alle isole Eolie. Frutto di un’appassionata ristrutturazione, il progetto propone materiali naturali, dettagli preziosi e inaspettati passaggi di luce.
Situata nella campagna di Casteldaccia, in provincia di Palermo, con una vista spettacolare che spazia tra i golfi di Mongerbino e Cefalù, la casa dell’architetta Ornella Amara può essere considerata la ricompensa del lavoro professionale fatto con impegno e passione. Ristrutturata per altri, per una serie di imprevedibili casualità è stata poi acquistata dalla stessa progettista che la abita felicemente con la sua famiglia, ritrovandovi il layout da lei stessa progettato, i materiali scelti, i dettagli voluti.
Si conclude qui la rubrica Trasite! Antologia dello spazio domestico – che tanto successo ha riscosso presso i nostri lettori – in cui 14 architette siciliane, pubblicate da inizio anno con cadenza bimensile, ci hanno aperto le case in cui abitano, raccontandone la genesi.
La casa in attesa
Entro a casa, apro la porta ed un arco in pietra inquadra il mare, mi sveglio la mattina e dagli occhi ovali degli infissi filtra il rosa intenso del primo albeggiare, scendo le scale per andare a fare il caffè e vedo, dalle grandi finestre, il mare. Esco in giardino per sorseggiare il mio caffè fumante e i miei occhi spaziano tra gli alberi di jacaranda e di chorisia, vestiti di viola e di beige, mentre le ninfee occhieggiano nella vasca in giardino, sorvegliate da un piccolo Buddha in pietra. E’ la mia casa e mi da serenità e felicità abitare questi spazi, tutti proiettati verso l’esterno.
E’ necessaria, però, una premessa. Io questa casa l’avevo fatta per altri! Ma l’avevo pensata e realizzata con un tale amore che, poi, alla fine, per una serie di eventi, è diventata la mia casa.
La storia comincia tra gli anni ‘80 e ‘90! Laurea, matrimonio (dopo un lunghissimo fidanzamento), separazione (dopo un brevissimo matrimonio), l’incontro con Filippo, mio attuale marito e compagno di vita, la nascita dei nostri figli, Marco, nell’85 e
Claudia nell’89.
Io e Filippo, uscivamo entrambi da precedenti matrimoni e, cercando di mettere ordine nelle nostre scombussolate esistenze, decidemmo di lasciare Palermo e di trasferirci in campagna. Lasciare Palermo e l’amatissima casa che avevo abitato, con le porte azzurro polvere, i pavimenti neri, costellata di lampade Flos e di mobili Le Corbusier, con una parete in vetro cemento all’ingresso, omaggio ai maestri del movimento moderno che popolavano allora, le mie fantasie di architetto in fasce!
Ci trasferimmo così a Casteldaccia, dove Filippo possedeva la casa dei nonni, una villetta datata e con giardinetto che, ristrutturata e sistemata, diventò la nostra casa. A Casteldaccia non conoscevo quasi nessuno e nessuno conosceva me, condizione questa, professionalmente negativa e positiva insieme.
Negativa per i minori contatti, positiva, perché, tra gli autoctoni, esercitavo il fascino della “forestiera”. Fu così che un signore del luogo, che nella vita aveva fatto il “viveur” e che voleva a tutti i costi una casa diversa dalle altre, mi contattò. Mi raccontò di avere affidato ad un geometra locale l’incarico del progetto della sua casa, ma non essendo rimasto soddisfatto del risultato (avevano già realizzato struttura e tompagni), mi chiese di intervenire dandomi carta bianca! Mi recai così a visitarla, dopo avere visto il progetto già redatto.
La posizione della casa era eccezionale: una collinetta che guarda tra i golfi di Mongerbino e di Cefalù e, con buona visibilità le isole Eolie, mentre la forma in sé del corpo di fabbrica non presentava particolari problemi, era simmetrica e abbastanza equilibrata nei volumi. Un grosso neo, era una terrificante pensilina anteriore, retta da pilastrini in cemento. E anche le aperture non erano state ben calibrate e risultavano totalmente casuali.
Accettai l’incarico e, a partire dalla disposizione interna, chiusi le precedenti aperture e le modificai totalmente. Per i pilastrini predisposi delle lamiere calandrate di rivestimento, dando loro diverso peso ed imponenza, ponendo poi, sulla loro sommità dei “capitelli” realizzati con ingranaggi meccanici trovati “allo sfascio” e assemblati. Il tutto veniva raccolto da una struttura anch’essa in ferro che raccordava il colonnato alla casa.
Infine, giocando con la doppia altezza dello spazio giorno che ospita la scala per la zona notte e quella per lo studiolo sul soppalco, modificai anche il solaio intermedio creando, in negativo, la sagoma di un pianoforte a coda che, adesso, trova posto proprio al centro di tale spazio. Il committente era esigente, mi chiese porte particolari e nacquero le porte nere con all’interno, come un gioco di domino, legno di ulivo e “spine” di palissandro. Legno, pietra e ferro erano gli unici materiali che si alternavano, giocando ruoli diversi. Vero protagonista, il mare, visibile da qualsiasi zona della casa.
Questo progetto diventò, man mano, realtà. Con i tanti dettagli, come le tessere di mosaico che si insinuano tra le pareti e i mobili, le parti di pietra che coabitano con i parquet in Iroko, il gioco di alcuni pannelli colorati come l’azzurro del mare o il colore del ferro arrugginito, mentre tutta la casa ha pareti interne bianco assoluto, grandi infissi in ferro e masselli di iroko che inquadrano il paesaggio come in un telaio geometrico che cita Mondrian e infine grandi portelloni che sostituiscono le persiane e che hanno dei fori ovali, dai quali filtra la luce, come da grandi occhi alieni.
Il committente rimase molto contento del risultato, ma, non completò la casa, nè mai la rifinì, perché nel frattempo la sua vita subì dei cambiamenti. La casa restò così, disabitata per alcuni anni, finchè io e Filippo non gli proponemmo di acquistarla.
E così diventò la nostra casa, riempendosi, nel tempo, dei nostri ricordi di viaggi, delle tante cose ereditate, trovate, amate. Un caravanserraglio di cose, che coniuga il modernissimo con il retrò, la robe trouvaille con il pezzo d’epoca e che però ci rappresenta e ci appartiene.
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Tesi di laurea su “La riprogettazione del fronte a mare di Palermo”, esposta alla 1° Biennale di Architettura di Venezia. Specializzazione in “Architettura dei giardini, ed assetto del paesaggio”. Progettazione e D.L di edifici pubblici e privati e di giardini. Coordinatore Piani particolareggiati in aree sensibili. Nel 2019 ha conseguito la laurea magistrale in Architettura del Paesaggio presso l’Università di Firenze.
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