Milano Design Week: Vito Nesta
Milano Design Week Vito Nesta: è ispirato dall’arte, dalla cultura e dai viaggi, la sua creatività si esprime attraverso progetti di graphic e product design, interior decor, fotografia e pittura. In occasione della Design Week 2023 abbiamo incontrato Vito Nesta e con lui abbiamo scoperto gli ultimi progetti a cui ha lavorato.

Ci racconta alcuni progetti recenti su cui ha lavorato?
Abbiamo da poco collaborato con la Fabbrica del Duomo di Milano. Il Duomo conserva un archivio sorprendente di materiali, alcuni antichissimi. Fabbrica del Duomo ha pensato di coinvolgermi per farmi ultimare questi materiali per le mie produzioni. E’ inutile dirvi che è stato come entrare in un parco giochi, mi sono divertito tantissimo. L’archivio è stato completamente digitalizzato, questo ha permesso di lavorare con più facilità sui materiali. Su alcuni è stato fantastico lavorarci, come per esempio sulla serie di progetti di grandissime dimensioni presentati tra il 1886 e il 1888 in occasione del Concorso Internazionale per la Nuova Facciata del Duomo di Milano. Nonostante nessuno di questi sia stato scelto come il vincitore del concorso, si tratta di veri e propri capolavori realizzati a china e acquerello, progetti incredibilmente precisi che sono testimonianza dei vari stili e movimenti architettonici che si affacciano alla fine del XIX secolo nel panorama europeo, da questi è nata la mia collazione “Il Duomo che non c’è”.
Leggi anche Bagno moderno: 10 idee per arredarlo al meglioIl mio lavoro è stato quindi quello di indagare e ricercare un filo conduttore che restituisse all’enorme documentazione una seconda via di espressione, contemporanea e di utilizzo comune. L’archivio della Veneranda Fabbrica del Duomo non conserva solo testimonianze del Duomo così come lo possiamo vedere ancora oggi, ma anche di come il monumento sarebbe potuto essere: è il caso di una serie di progetti realizzati dall’architetto Paolo Cesa Bianchi che mostrano la sua idea di portare il cielo dentro al Duomo, decorando le volte della cattedrale con un fondo blu arricchito da stelle d’oro, da questa è nata la mia collezione “Le Volte Celesti”. Una collezione “La Storia Infinita” invece mette assieme come fosse un collage continuo tantissimi documenti, i più disparati e di epoche diverse, a ricordarci quindi che l’Archivio è davvero il Diario del Duomo.
Di queste collezioni è importante raccontare che le vendite sono a sostegno dei lavori di restauro del Duomo di Milano, una parte del ricavato dalla vendita delle tre collezioni verrà devoluto alla ©Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano lic by R.T.I.
Come funziona il processo creativo che porta alla realizzazione di un suo prodotto?

Io mi sono dato una regola, non inizio mai un progetto senza una ricerca, uno studio iniziale. Sono fortemente convinto che prima di iniziare a progettare e mettere anche un piccolo segno di penna su un foglio io debba sapere perfettamente di cosa si sta parlando. Anche facendo una ricerca di prodotti disegnati da colleghi: a che prezzo escono al pubblico, come sono fatti, come sono distribuiti ecc. Di solito i miei prodotti partono sempre da una storia, cerco di immergermi e poi provo a raccontarla.
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Ci racconta le novità a cui ha lavorato in occasione del Salone del Mobile 2023?
Dopo il Covid mi sono promesso di fare solo uno o massimo due progetti. Questa scelta deriva dalla consapevolezza che fare troppe cose c’è il rischio di non curarle bene ed il risultato può esserne compromesso. Per questo Salone ho presentato una collezione di carte da parati “Nuova Pompei” con un allestimento che si chiamava “La Casa dei Misteri”. E’ un progetto che dura da un anno e mezzo, per l’Azienda Misha (www.mishawallcoverings.com/it/), abbiamo lavorato ad una collezione di carte da parati dipinte a mano sul tema Pompei. Non è stato facile perché e penso sia un’oggettività, Pompei è pressocché la perfezione. E’ un po’ come riprogettare la Bialetti, qualsiasi intervento si faccia alla caffettiera risulta sempre superfluo rispetto al progetto originario che ha già raggiunto il massimo.
Noi ci abbiamo provato, non so se ci siamo riusciti, lo spero. Ci siamo interrogati su una Pompei nei giorni nostri, riprendendo le antiche dipinture Grottesche, riproponendole in chiave moderna e secondo la mia cifra stilistica. Questi progetti non li vivo solo come esercizio stilistico ma anche come mezzo per raccontare storie, cultura. Vedremo dopo il Salone se questo arriverà a qualcuno!
Secondo lei, come sono cambiati negli ultimi 10 anni lo stile delle case, la divisione degli spazi ed il gusto dei clienti? Ci sono elementi che prima non si vendevano e adesso sì o viceversa?
Non voglio sembrare un nostalgico fuori tempo o patologicamente negativo ma penso che ora stiamo vivendo una vera e propria crisi del gusto. Sono cambiate tante cose negli ultimi anni, troppe forse. Credo questo derivi dalle troppe immagini che le persone vedono ogni giorno, alla fine ne rimangono rintontiti e non sanno più cosa sia giusto da cosa è sbagliato. Inoltre credo che internet, come in tutti gli ambiti, è un’arma a doppio taglio, una risorsa come un flagello. E’ un po’ come chi ritrova la cura al proprio stato di salute su google e ad un certo punto si crede medico, ma non lo è. Ecco ora c’è una grande confusione!
Io mi rivolgo ad una nicchia, i negozi in cui vendo si rivolgono a dei clienti che cercano determinate cose, magari conoscono bene il negozio, si fidano ed hanno delle case costruite intorno ad una ricerca ben precisa.
I clienti inoltre sono prevalentemente stranieri, americani e inglesi soprattutto. Loro hanno innanzitutto delle capacità maggiori nell’interior, noi italiani meno, noi siamo bravissimi fabbricatori di oggetti, bellissimi oggetti, abbiamo una grandissima risorsa che forse non sappiamo ancora del tutto sfruttare, gli artigiani. Loro non hanno e cercano come fosse oro, oggetti di artigianato italiano.
Le case italiane stanno diventano senza un’anima, una confusione di cose che cambia ripetutamente visto che molti arredi, magari acquistati all’Ikea non sono fatti per sopravvivere nel tempo.
Questo perché molto spesso i ragazzi fanno lo sbaglio di voler arredare la casa subito e non avendo tante risorse a disposizione comprano intere stanze già fatte che chiaramente non sono fatte con la qualità produttiva di qualche decennio fa. Io sono fermamente convinto che la casa la si arreda nel tempo, recuperando oggetti, magari alcuni ti arrivano per caso. Una casa in cui l’armadio della nonna può rivivere semplicemente laccandolo di un altro colore, il tavolo del soggiorno invece è stato comprato dall’Azienda che ci piace ma le sedie sono diverse perché le abbiamo avute in regalo da uno zio, amico o addirittura trovate davanti ad un cassonetto. A parte questo, che non vuole essere una critica ma anzi, un modo per vedere meglio le cose che ci passano tra le mani, penso che post Covid la casa sia cambiata o sta ancora cambiando. La camera da letto, ad esempio sta diventando sempre più un luogo che viviamo a differenza di prima che la usavamo solo per dormirci.
Quali sono a suo avviso le nuove tendenze dell’home design?
Il Design sta diventando sempre più incentrato sull’artigianato, sia perché le Aziende non fanno più i numeri di un tempo e con una tiratura industriale, poi perché finalmente ci siamo accorti delle grandi possibilità produttive che abbiamo con l’artigianato. Le nuove tendenze secondo me sono verso la scoperta di micro-produzioni, meglio se poco conosciute, utilizzate per raccontare delle storie, storie di luoghi, culture, etnie, colori, materiali ecc.
Come definirebbe la sua visione dell’abitare contemporaneo e come immagina gli spazi del futuro?
Ho sempre avuto una visione dell’abitare molto precisa, fatta di spazi che possano raccontare la nostra carta di identità. Uno spazio che non racconta la nostra storia è uno spazio, a mio avviso, senz’anima. Inoltre immagino degli spazi che si aprono verso l’esterno, pieni di luce, piante, tante piante. Gli spazi si mescolano, facendo diventare la casa un unicum, penso che una casa con degli spazi che si dichiarano in maniera netta dopo poco diventino molto noiosi, scontati. Infine una casa pensata anche per ospitare un gatto o un cane, che a mio avviso non devono mai mancare.
Nel tuo percorso nel design, ci sono altri mondi e settori che vorresti esplorare?
Ci sono tantissimi mondi e settori che vorrei esplorare. Mi piacerebbe tanto disegnare una vetrata per una chiesa, decorare uno spazio Architettonico, magari la fontana di una piazza oppure mi piacerebbe tanto disegnare le quinte scenografiche per uno spettacolo teatrale. Il mio lavoro è molto più vicino a quello dell’Arte, che al prodotto industriale.
Quali sono le tue fonti di ispirazione?

Innanzitutto sono tremendamente innamorato della storia, qualsiasi essa sia e questa è la prima fonte di ispirazione. Solo se sappiamo la storia possiamo disegnare e progettare il futuro. Le mie fonti di ispirazione poi sono tante e le più disparate: dal parlare con una persona che mi può tramandare un fatto, dei documenti, internet, cose che recupero in giro casualmente, materiali che compro in asta, mercatini.
Oltre a questo tutto poi diventa fonte di ispirazione, quando faccio un viaggio ad esempio, vedo delle cose e ne immagazzino le immagini, quando progetto queste immagini riaffiorano e se funzionali al progetto le riutilizzo.
Cosa significa per te, oggi, Made in Italy?
Il Made in Italy è davvero una ricchezza inesauribile che l’Italia possiede. E’ davvero fantastico come in un continente così piccolo ci siano così tante competenze, capacità produttive, invenzioni, stratificazioni culturali e piccoli scrigni magici fatti di cose, materiali, persone. Che capolavoro!
In Italia abbiamo tutto, un abbecedario di tutte le possibili manifatture. Forse non abbiamo ancora però del tutto capito quello che siamo e possiamo fare e non ci preoccupiamo se qualche artigiano non sapendo come trovare nuovi canali distributivi, decidono di chiudere.
Ecco, se dovessi dare un consiglio ai giovani designer, di non pensare di disegnare subito una pezzo per una grande Azienda, magari questo avverrà nel tempo, ci sono invece tantissimi artigiani che hanno l’oro tra le mani ma producono degli oggetti uguali, identici a quelli che faceva loro padre, uguali a quelli che faceva il nonno e ancora al bisnonno, ed invece avrebbero bisogno di qualcuno che li aiutasse a dare un quid contemporaneo e trovare dei nuovi contenitori di vendita.
Volgendo uno sguardo al futuro, ci sono idee che pensi debbano essere al centro delle menti di architetti e designer?
C’è qualcosa che purtroppo non migliora il mondo dei designer e Architetti ed è quello che non ci si confronta più. Una volta ad esempio a Milano il Bar Brera o Bar Basso erano un vero e proprio luogo di incontro dove ci si interrogava su dove stesse andando il design, cosa si potesse fare “assieme” per migliorare l’Abitare e come si potesse collaborare, a volte creando addirittura dei movimenti.
Questo oggi non accade più, ogni figura lavora secondo la propria cifra stilistica seguendo le proprie scelte ed i propri lavori. Ecco, vorrei che in futuro si facesse più comunità.
Inoltre le idee e pensieri che penso debbano essere al centro delle nostre menti, sia il produrre meno e meglio con beni che possano perdurare nel tempo, con soluzioni eco-sostenibili, che servano ad educare alla bellezza e magari tramandabili.
Stiamo vivendo un momento storico dove siamo sommersi da rifiuti, i nuovi prodotti devono fortemente limitare questo processo e possiamo farcela semplicemente fabbricando oggetti che riescono a vivere nel tempo.
credit image by Press Office – photo by Maxime Galati Fourcade e Laura Fatancuzzi