Illuminare secondo natura, l’approccio visionario di Glip
Non solo funzionale. Secondo un nuovo approccio, la luce viene interpretata come elemento in grado di contribuire attivamente alla salute, alla produttività e allo stato emotivo delle persone. Glip, azienda illuminotecnica del trevigiano, racconta come lo sta integrando nei suoi progetti già da tempo.

Che la luce non ci serva solo per vedere meglio lo sappiamo. Alla luce naturale e ai suoi cambiamenti durante le 24 ore dobbiamo anche il buon funzionamento del nostro corpo, sia biologicamente sia psicologicamente. Nel caso della luce artificiale, la sintonia con il nostro metabolismo è più complessa da realizzare. L’illuminazione incentrata sull’uomo (Human Centric Lighting , HCL) è nata proprio per rispondere a questo desiderio, suggerendo un approccio progettuale mirato ad avvicinarsi il più possibile alle condizioni virtuose create dalla luce naturale, combinando in modo efficiente fonti artificiali.
Le applicazioni sono molteplici: dall’illuminazione terapeutica, con un ruolo nel trattamento di pazienti affetti da malattie psichiatriche o demenza, all’illuminazione ergonomica, per creare condizioni visive ideali per il lavoro, fino all’illuminazione biologica, per migliorare benessere e prestazioni umane.

Nel panorama italiano dell’illuminazione, Glip è un’azienda che ha una lunga tradizione. Fondata nel 1996 da un giovanissimo Alessandro Piovesan, attuale CEO, ha esordito con la tecnologia Led. Tra i lavori che l’hanno resa celebre, infatti, c’è stata l’operazione di re-lamping del megastore di Benetton, nel 2008, il primo in Italia a essere illuminato solamente a LED. Nel tempo si sono susseguiti progetti per navi di lusso e nel segmento residenziale luxury, fondazioni e musei, senza dimenticare centri direzionali, intere lottizzazioni che avevano bisogno di un arredo urbano innovativo e interventi nel mondo della ristorazione e dell’ospitalità. L’HCL è ora al centro della ricerca di Glip e Alessandro Piovesan ci spiega meglio cosa significa adottare questo approccio.

Come definite lo Human Centric Lighting?
Quando si parla di Human Centric Lighting, spesso si pensa a un concetto astratto, magari alla moda. In realtà, è una rivoluzione silenziosa che ha a che fare con il nostro benessere quotidiano, con il modo in cui ci sentiamo negli ambienti che abitiamo, lavoriamo o attraversiamo. La nostra visione parte da dati scientifici concreti: sappiamo che alcune cellule della retina reagiscono alla luce blu sopprimendo la melatonina, l’ormone del sonno, influenzando così il ritmo circadiano. A partire da queste evidenze, il nostro lavoro si concentra nel creare ambienti in cui la luce sia pensata per favorire l’attenzione, il rilassamento o l’energia, a seconda delle esigenze delle persone che vivono quello spazio.

Nella pratica, significa modulare l’intensità e la temperatura del colore della luce durante la giornata per avvicinarla ai ritmi circadiani umani. In sintesi, non è solo luce funzionale: diventa uno strumento attivo per la salute, la produttività e l’esperienza emotiva negli ambienti.
Qual è l’innovazione concettuale che porta?
Si tratta di un cambio paradigmatico: la luce non è più percepita come compressa in un unico valore statico, ma come un sistema adattivo. L’innovazione principale dell’HCL è la dinamicità della luce: la capacità della luce artificiale di imitare il naturale andamento solare, con variazioni temporali e spettrali studiate per modulare la risposta biologica e psicologica umana. L’idea di fondo è che la luce debba adattarsi all’uomo, non il contrario.
Mentre prima si progettava la luce in base all’estetica o al risparmio energetico, oggi accompagna il corpo e la mente in tutte le sue fasi: attivazione, concentrazione, relax, sonno. È un cambio di paradigma, in un approccio multidisciplinare che integra neuroscienze, design, ingegneria e normative specifiche.
Quanto è diffuso?
Ci sono ancora molte realtà che vedono la luce come un costo tecnico, ma l’interesse per l’HCL cresce costantemente. In Europa rappresenta circa il 7?% dell’illuminazione generale, con una crescita attesa grazie alla diffusione LED. È un approccio che ha preso piede dapprima nei Paesi del Nord Europa, ma che oggi trova sempre più spazio anche in Italia, dove l’adozione si sta consolidando in contesti come scuole, ospedali e uffici.
Insieme a Lighting Europe (che rappresenta 32 aziende e associazioni nazionali nel settore dell’illuminazione) e ZVEI (l’associazione che rappresenta l’industria elettrica e digitale tedesca), è emerso che l’interesse HCL è in forte crescita anche in ambienti domestici dal 2020. In Glip, la nostra esperienza ci porta a osservare un’evoluzione anche nel residenziale di fascia alta, dove la luce dinamica viene richiesta per migliorare la qualità dell’abitare.

Interesse e investimenti in Italia?
L’interesse verso questo tipo di interventi in Italia è crescente, l’adozione si sta consolidando in contesti come scuole, ospedali e uffici. Sempre più committenti, pubblici e privati, stanno comprendendo il valore di questo approccio HCL. Certo, c’è ancora un gap culturale e anche economico da colmare, ma il mercato si sta muovendo e i numeri lo dimostrano: nei nostri progetti osserviamo un aumento della richiesta di soluzioni HCL e anche gli investimenti iniziali, seppur più alti rispetto a una soluzione tradizionale, si giustificano con un ritorno in termini di benessere delle persone, produttività, brand reputation e risparmio energetico.
Per questo, stanno cambiando anche gli approcci alla spesa: le aziende private investono per migliorare benessere aziendale e produttività (incrementi fino al 7,7?%). Ma registriamo anche investimenti infrastrutturali: l’HCL richiede apparecchi LED evoluti (+25?% costo) e sistemi di controllo (+20?%), ma il ROI è rapido (risparmi energetici, aumenti di produttività, benefici salutari). In definitiva si tratta di investimenti iniziali mid-range con ritorni a medio termine, sostenuti anche da incentivi nazionali ed europei.

Dal punto di vista pratico, che tipo di attrezzature richiede?
Per attuare l’HCL serve una combinazione di tecnologie. Ne citiamo alcune: LED dimmerabili con controllo di intensità e temperatura colore, fondamentali per replicare i toni caldi/freddi del giorno. Sistemi di controllo intelligenti programmabili o con sensori per adattarsi all’esterno e alle esigenze dell’utente, automatizzando gli scenari luminosi. Integrazione ambientale, che è una combinazione calibrata tra luce naturale e artificiale, con scenari diversi (mattina, giorno, sera).

Non si tratta solo di apparecchi diversi, ma anche di sistemi di controllo avanzati, sensori, software in grado di interpretare l’ora del giorno, la presenza di persone, la luce naturale disponibile. Tutto deve dialogare per costruire ambienti coerenti, piacevoli, performanti. A livello impiantistico, questo comporta una maggiore complessità e anche un certo investimento iniziale, ma con il vantaggio, ormai certificato, di un ritorno in termini di benessere, efficienza e, non da ultimo, risparmio energetico.
Differenze progettuali: pubblico vs residenziale
In spazi pubblici (uffici, scuole, sanità, trasporti) l’HCL viene concepito per supportare molte persone con stili di vita, età e ritmi differenti. Pensiamo a un ospedale: la luce deve sostenere il personale durante i turni notturni, ma anche favorire il riposo dei pazienti. Oppure a una scuola: la luce deve stimolare l’attenzione degli studenti la mattina e accompagnare la concentrazione durante le ore di lezione. In questi casi, l’approccio progettuale deve essere scientifico, preciso e anche normato. L’attenzione all’uomo non si traduce solo nel comfort, ma anche nell’inclusività e nella sicurezza: una luce ben studiata può aiutare a orientarsi meglio, a sentirsi protetti, a ridurre l’ansia.

In contesti residenziali si punta invece a comfort emozionale e personalizzazione: luce ambientale per relax serale, luce energizzante per la giornata; controllo diretto da parte dell’utente (app, telecomandi). In entrambi i casi, l’attenzione all’uomo richiede analisi dettagliata degli utenti, attività e contesti, ma nei pubblici prevale la scalabilità e la segmentazione funzionale.
State lavorando alla metropolitana di Roma…
Con il nostro progetto per la metropolitana di Roma, stiamo lavorando per portare l’Human Centric Lighting anche negli spazi del trasporto urbano. Abbiamo proposto un sistema HCL integrato con i flussi naturali di luce, volto a migliorare il comfort psicofisico dei viaggiatori: temperatura e intensità adattive alle ore del giorno; transizioni dinamiche per creare ambienti più accoglienti e ridurre fatica e stress visivo nelle aree sotterranee; sensori di presenza e luminosità per ottimizzare consumi energetici e percezione del comfort.
Stiamo intervenendo per introdurre scenari dinamici che simulino la luce naturale esterna, dando continuità tra l’ambiente interno e quello urbano. Questo aiuta i passeggeri a sentirsi meno isolati, più svegli nelle ore mattutine, più rilassati al ritorno serale. È una sfida anche tecnologica, perché parliamo di spazi ampi, complessi e con esigenze di manutenzione minima, ma siamo convinti che il risultato sarà tangibile: meno stress, maggiore comfort, maggiore qualità percepita del servizio.
Qual è lo stato attuale della formazione in questo campo a vostro avviso?
Crediamo che in Italia ci siano già ottime realtà formative in questo ambito, ma serve rafforzare l’interdisciplinarietà: l’HCL richiede competenze in architettura, illuminotecnica, ma anche neuroscienze, ergonomia, programmazione. Chi vuole intraprendere questo percorso può trovare opportunità nei master universitari, nei corsi delle scuole di design più avanzate, ma anche grazie a workshop e collaborazioni con aziende come la nostra. Abbiamo scelto di collaborare anche con l’Università IUAV di Venezia avviando un progetto con il laboratorio di Interior Design del corso triennale, dove portiamo il nostro know-how nelle aule, condividiamo i casi reali, e accogliamo poi gli studenti in azienda per i tirocini. Per noi è fondamentale, perché formare i giovani significa garantire un futuro alla nostra visione.

Ma in Italia ci sono anche altre eccellenze formative in lighting design e HCL. Citiamo ad esempio l’università Napoli Federico II (Facoltà di Fisica Tecnica) con corsi in Illuminotecnica e Lighting Design, promossi da AIDI e CIE, le scuole di design e master in architettura e lighting engineering (es. POLIMI, IUAV, Università Roma Tre) offrono moduli HCL; i workshop e certificazioni europee promossi da Lighting Europe, ZVEI e associazioni di settore. Consigliamo ai giovani di cercare percorsi con contenuti interdisciplinari (fisica, neuroscienze, architettura, ingegneria) e stage presso aziende specializzate o network internazionali.