Il bello + il buono. Progettare la sanità senza rinunciare all’estetica

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Questa è la missione – e la responsabilità – che Gascón Group ha fatto diventare prioritaria nel proprio percorso di studio di architettura. Perché il benessere è una questione olistica.

Il bello + il buono. Progettare la sanità senza rinunciare all’estetica
Foto Nuno Acacio

La bellezza salverà il mondo è una frase talmente sentita che purtroppo ha perso l’efficacia del suo significato profondo. Ma proprio all’esperienza del bello intesa come strumento di benessere e cura vogliamo dedicare il nostro Visioni, esplorandola in un contesto molto delicato quale quello della sanità.

Interessante in questo senso è l’attività dello studio di architettura Gascón Group, specializzato in hotel e cliniche private di lusso, che si distingue per progetti in equilibrio tra funzionalità ed estetica, capaci di creare spazi di benessere totale. Obiettivo dello studio, infatti, è eliminare l’aspetto freddo e impersonale tipico delle strutture sanitarie, sostituendolo con ambienti eleganti, accoglienti e dall’estetica ispirata all’atmosfera di un hotel a cinque stelle.

La cura, nella visione di Gascón, è intesa al di là del percorso medico: dalla luce naturale che avvolge gli spazi, ai materiali caldi e tattili, fino alla disposizione armoniosa degli arredi il paziente deve sentirsi in un ambiente che trasmette serenità ed esclusività. Un’applicazione recente di questo approccio è il caso della Clinica Valmont, storica istituzione fondata nel 1905 dal dottor Henri Auguste Widmer a Glion sur Montreux, in Svizzera, di cui lo studio ha seguito la riprogettazione e il rinnovamento. Gabriele Gascón, Founder & Creative Director Gascón Group, ci spiega meglio la filosofia progettuale dello studio.

Il bello + il buono. Progettare la sanità senza rinunciare all’estetica
Foto courtesy of Gascón Group

Cosa definisce/individua il lusso nell’interior design?
L’emozione che si crea nel cliente. Il vero lusso è l’ascolto silenzioso delle esigenze dell’ospite. Un progetto è lussuoso quando riesce a proteggere il tempo, le emozioni e la privacy di chi lo vive. Il lusso è progettare per accogliere, non per impressionare. È lasciare che l’eleganza emerga nei dettagli, nel silenzio acustico di una stanza, nella luce che accompagna un gesto quotidiano. Il lusso è ciò che non ti accorgi di avere, ma ti fa stare meglio.

Cosa caratterizza invece l’immaginario sanitario nell’interior design?
Nell’immaginario comune, l’ambiente sanitario è funzionale, asettico, distante. Ma è un immaginario da superare, per il quale noi da anni stiamo facendo ricerca. Noi crediamo che curare e accogliere siano azioni sorelle. L’architettura sanitaria, per noi, deve farsi empatica: deve rassicurare, orientare, consolare. Deve aiutare il corpo e l’anima. Anche in un ambiente con alti standard tecnici, l’estetica può e deve prendersi cura del paziente.

In che modo i due riferimenti si integrano nei vostri progetti?
Hotel e cliniche o Medical SPA condividono, in fondo, una medesima responsabilità: far star meglio le persone. L’accoglienza è quella di un hotel, ma con dei servizi aggiuntivi scientifici. Il nostro approccio consiste nel portare la qualità percettiva dell’hotellerie nei luoghi di cura e l’efficienza ingegneristica del mondo medicale nelle strutture alberghiere. L’integrazione nasce da un principio semplice: la bellezza non è un ornamento, è una funzione, è una missione. Quando progettata con rigore, può guarire, fidelizzare, far evolvere un concetto.

Il bello + il buono. Progettare la sanità senza rinunciare all’estetica
Foto Nuno Acacio

Quali sono le difficoltà nel rendere piacevole un ambiente con esigenze tecniche precise?
De-ospedalizzare è la parola chiave. Poi la vera sfida è non far percepire la complessità. Spesso un ambiente tecnico impone vincoli durissimi, ma se si lavora a monte – con metodo, con visione – è possibile trasformare il vincolo in un feel & touch poetico. Serve un lavoro artigianale sulla luce, sui materiali, sulla spazialità. Ma soprattutto serve una squadra di professionisti che conosca le regole e sappia superarle con maestria.

Qual è l’elemento di innovazione di cui vi fate portavoce?
L’innovazione è progettare non solo per il cliente, ma con il cliente, con gli attori che costituiscono la catena del processo totale della struttura sia alberghiera che clinica. È ascoltarlo, anticiparlo, proteggerlo. Nel nostro studio abbiamo introdotto il concetto di comfort dinamico: ogni spazio deve sapersi adattare, evolvere, rispondere in tempo reale ai bisogni. Usiamo la tecnologia non per stupire, ma per rendere la bellezza replicabile, efficiente, misurabile.

Parliamo anche di esterni: quanto incide nel vostro concetto di benessere la progettazione degli esterni?
Gli esterni sono il primo abbraccio, l’ultima memoria. Incidono profondamente. Per noi, anche se non siamo paesaggisti, dare il concept del paesaggio, le aree tematiche, le esperienze da far vivere, significa prolungare l’esperienza sensoriale dell’architettura: dalla soglia al giardino, dalla finestra al panorama. Non esiste comfort interno senza armonia esterna. E anche nei piccoli spazi, ogni angolo può diventare occasione di benessere.

Il bello + il buono. Progettare la sanità senza rinunciare all’estetica
Foto courtesy of Gascón Group

Come è evoluto il vostro concetto di benessere durante gli anni della vostra pratica?
All’inizio cercavamo il “bello”. Poi abbiamo capito che il vero obiettivo era la bellezza che fa stare bene. Il nostro concetto di benessere oggi è più radicale: riguarda la luce, l’orientamento, la chiarezza dei percorsi, il suono, il tempo che si sente rallentare. Abbiamo imparato a progettare pensando non solo a chi guarda, ma a chi vive tenendo sempre conto e dando uno sguardo al mercato che ci evolve e per il quale bisogna rispondere a dinamiche di numeri e di marketing. Ogni progetto è diventato per noi una responsabilità verso l’anima di chi lo abiterà.

Perché il concetto di benessere/bellezza nei luoghi della sanità pubblica stenta a emergere?

È una questione di priorità, di scelta valoriale. Non si tratta solo di budget, ma di una cultura progettuale ancora legata all’efficienza numerica, anziché alla qualità dell’esperienza. Ma qualcosa sta cambiando. Sempre più operatori pubblici comprendono che la bellezza può alleggerire la cura, migliorare i risultati, ridurre lo stress. È il momento di riconoscere che anche un ospedale può e deve essere un luogo accogliente. Perché il dolore sia fisico che dell’anima, ha bisogno di questo, al quale non possiamo attribuire nessuna scusa.

Daniela Giambrone
Ho una laurea in Scienze e Arti della Stampa, lavoro nel settore editoriale dal 1996, prima come redattrice in diverse realtà, dal 2005 come giornalista. Oggi sono freelance e mi occupo in particolare di lifestyle e design, beauty e coiffure.