Tool generativo di immagini: disegnami una cucina in stile Lago
È consentito generare un’immagine ispirata a designer e a linee tutelate dal diritto d’autore?
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La creazione di immagini, contenuti e opere mediante applicativi AI ha aperto nuovi fronti e possibilità in svariati ambiti, da quello editoriale a quello artistico, offrendo in astratto la possibilità di fare a meno dell’autore / artista, “creando” contenuti di qualità in tempi brevissimi.
Sono numerosissimi i tool generativi di immagini (fra i più noti possiamo citare Gemini, chatGPT, Bard, DeepAI, Microsoft Copilot) che consentono, sulla base di una serie di semplici input dell’utente (un breve testo descrittivo della richiesta), di ottenere immagini o disegni con un potenziale contenuto autoriale lesivo di altrui proprietà intellettuali.
Funzionamento dei tool AI generativi di immagini
Al fine di proporre alcune riflessioni rispetto ai rischi connessi all’utilizzo improprio dell’AI e alla violazione del diritto d’autore, è indispensabile premettere alcuni cenni circa il funzionamento dei tool generativi di immagini e soprattutto in relazione alle fonti (fotografiche e non) cui attingono per generare immagini “inedite”. Ora, questi strumenti riconducibili al novero delle AI generative, come tutti i software di questo tipo, dipendono dai dati con i quali vengono addestrati: è sulla base di questi elementi originari di cui si “alimentano” che le AI generano immagini e contenuti creativi.
Queste informazioni originarie vengono recuperate, secondo una logica massiva e il più delle volte indiscriminata, principalmente nel web, ove ciascuno di noi dissemina contenuti di varia natura (scritti, audio, video, multimediali) e con caratteristiche differenziate (artistica e non, tutelata e non, riservata e non e via enumerando).
Rispetto al tema che ci interessa, evidentemente rivestono un ruolo fondamentale le immagini frutto dell’opera di artisti e creativi del design industriale. In assenza di una disciplina specifica, i primi applicativi AI hanno raccolto e utilizzato liberamente immagini di opere d’arte e di designer, riproducendo e replicando, sulla base di contenuti umani protetti, nuove linee e nuove opere dell’ingegno (tecnologico?), derivati dal mix degli originali, traendone profitto e, comunque, ponendosi in immediato rapporto di concorrenza (sleale?) con gli autori originali.
Rischio violazione: diritto d’autore e brevetto industriale

La domanda che oggi ci si può porre è quella circa la legittimità dell’utilizzo di un tool in grado di replicare, su input dell’utente, un’immagine riprendendo il design e gli stilemi di una grande azienda.
La questione è rilevante sotto un duplice angolo di prospettiva: per un verso, la libera utilizzabilità da parte dell’AI dei materiali (fotografici e di altra natura) presenti in rete e, per un altro, il rapporto tra l’opera generata artificialmente e quella originale d’ispirazione.
In assenza di regole specifiche, della cui necessità pure si potrebbe discutere (e probabilmente si discuterà nel prossimo futuro), il riferimento restano le disposizioni tradizionali in materia di diritto d’autore, di proprietà industriale come di concorrenza sleale.
Come noto, le opere di design, in Italia, possono oggi godere di un doppio livello di tutela: brevettuale per modelli e disegni e autoriale secondo le norme della l. n. 633/1941 (l.d.a.). È dal 2001, infatti, anno in cui il nostro ordinamento ha recepito la direttiva n. 98/71/CE (la cd. “Direttiva Design”), che è possibile cumulare ambedue le forme di tutela, con la conseguenza che un’opera di design, ove connotata da particolari caratteristiche (quali, ad esempio, il carattere creativo e il valore artistico), potrebbe ricevere tutela non soltanto per i 25 anni propri del brevetto, ma per tutta la vita dell’autore e per 70 anni dopo la sua morte dell’autore (secondo le previsioni della l.d.a.).
Ora, è chiaro che utilizzare queste opere per “allenare” i software di intelligenza artificiale generativi di immagini potrebbe costituire violazione di questa ambito di privativa, con la conseguenza che il titolare del brevetto oppure l’autore dell’opera, a determinate condizioni, potrebbero ragionevolmente agire contro le società proprietarie dei software vuoi per inibire l’utilizzazione delle proprie proprietà intellettuali vuoi per vedersi riconosciuta una congrua remunerazione per l’utilizzo delle stesse.
La prospettiva

La prospettiva, in chiave fisiologica e non di dimensione contenziosa, potrebbe essere anche quella di “circondare” i contenuti di design coperti da privativa e caricati online di strumenti tecnici che ne impediscano (in tutto o in parte) l’utilizzabilità da parte di tutti (o di alcuni) tool di intelligenza artificiale.
In altre parole, immaginare una maggiore dimensione di consapevolezza (intesa anche in termini di autonomia privata) rispetto alla gestione delle proprie creazioni intellettuali diffuse online, elaborando dinamiche tecnologiche di accessibilità e/o di tracciamento.
Sul fronte, poi, della compresenza sul mercato di prodotti di design originali e quelli “ispirati” generati tramite AI, possono richiamarsi le norme in materia di concorrenza sleale (artt. 2598 ss. cod. civ.), in particolare nella declinazione della concorrenza sleale confusoria (se non parassitaria). Questa fattispecie si riferisce, nello specifico, a tutti quei comportamenti concorrenziali che possono creare ambiguità e incertezza (anche potenziali) rispetto alla origine industriale di prodotti o di servizi (originando anche soltanto in termini eventuali uno sviamento della clientela).
La ratio delle previsioni in materia di concorrenza sleale per confusione è quella di tutelare l’attività d’impresa nella propria dimensione distintiva, che non è legata esclusivamente ai segni distintivi canonici (marchio, ditta, impresa e via enumerando), ma pure a elementi connotanti uno specifico operatore di mercato (e qui vengono in rilievo il particolare stile dei prodotti o gli elementi di industrial design).
Conclusioni e prospettive di un auspicabile intervento normativo
In conclusione, generare contenuti con evidenti richiami al design o gli stilemi di gradi marchi, con o senza l’utilizzo di tool AI, espone senz’altro ad azioni da parte dei titolari dei diritti e/o dei disegni industriali di ispirazione. L’avvento di applicativi AI che sono in grado generare rapidamente contenuti potenzialmente lesivi di diritti autoriali e brevettuali ha introdotto un nuovo tema che richiede l’attenzione del legislatore e che, nell’attuale lacuna normativa, rischia di generare molteplici conteziosi.
In tal senso, in attesa di un adeguato intervento normativo, la rapida evoluzione tecnologica potrà trovare una prima risposta nelle prossime decisioni giurisprudenziali: obiettivo primario sarà quello di offrire nuovi criteri utili ad arginare il perimetro di operatività dell’AI al fine di evitare e prevenire violazioni, sia per i produttori dei software, che per gli utenti/utilizzatori finali dei contenuti generati dall’AI (principali destinatari delle eventuali rivendicazioni).